Grandi manovre delle banche e "soluzione politica" per la rete

Nel bilancio della vicenda Telecom Italia, attenzione andrà rivolta anche al mondo intorno a Mediobanca, sia al cuore dell'istituto di piazzetta Cuccia sia agli ambienti finanziar-imprenditorial-giornalistici che (con autonomia) si riferiscono alla merchant bank. Nella prima fase quando Romano Prodi e Giovanni Bazoli, più o meno in sintonia, iniziano le manovre facendo saltare la fusione tra Abertise Autostrade, che toglie ai Benetton munizioni per intervenire in Olimpia, il «mondo» Mediobanca lascia Unicredit abbastanza isolata a reagire alle prepotenze prodiane.

Anche la risposta alle forzature del cosiddetto piano Rovati è cauta: l'unica vera iniziativa consiste nel contribuire a scegliere Guido Rossi come schermo per Tronchetti rispetto a conseguenze peggiori. Poi però lo «schermo Rossi» diventa più o meno copertura per far saltare le «mosse industriali» di Tronchetti (come l'alleanza con Telefonica) e per costringere la Pirelli a cedere a un prezzo che avrebbe messo fuori gioco Tronchetti stesso, che si ribella a un destino alla «Gardini» e cerca acquirenti stranieri, incontrandosi alla fine con America Movil e At&t.Aquel punto il mondo Mediobanca (compreso il cuore manageriale) sembra più interessato a difendere Rossi che lo storico socio Pirelli. La soluzione mediobanchesca proposta pare innanzi tutto quella simil-Iri del fronte bancario allargato.

Anche se ora emergono opzioni sia verso Deutsche Telecom sia verso Telefonica. Si lascia così a un manager d'ingegno edi coraggio come Corrado Passera la facoltà di collocarsi al centro di tutte le possibili soluzioni (sia quella del fronte delle banche, sia l'intesa con At&t, sia persino un accordino con Mediaset), uno spazio enorme. Eugenio Scalfari, oggi in fase ultraprodiana e dunque filo Intesa San Paolo, schernisce piazzetta Cuccia secondo lui ormai interessata solo a business dai ritorni a breve, incapace di disegni ambiziosi. Destinata così ad avvelenare i rapporti anche con un partner storico come Pirelli. Sono evidenti i guasti provocati dall'eliminazione di Vincenzo Maranghi, i limiti di autonomia di due banchieri mediobancheschi di grande levatura come Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Evidenti le difficoltà di Cesare Geronzi, personalità che potrebbe dare un indirizzo più vigoroso al mondo Mediobanca. Chiare le incertezze di un personaggio chiave come Antoine Bernheim. Da qui la tendenza a sostituire nella gestione delle iniziative giuristi a uomini d'impresa: i Guido Rossi preferiti a figure del passato come Cesare Romiti oEnrico Bondi.

Al disegno strategico, alla capacità di iniziativa fulminante del vecchio Enrico Cuccia (anche verso il mondo politico) si sostituisce l'infinita mediazione. Questa deriva produce un guasto nel centro della finanza italiana, perché assegna a Intesa San Paolo un ruolo da lord protettore, alla fine nocivo per l'Italia. Unadelle fortune della Spagna poggia sulla durissima concorrenza tra Santander e Bilbao, e questa concorrenza, nel suo insieme, produce l'effetto sistema che Scalfari vorrebbe assegnare a un ruolo simil- Gazprom di Intesa San Paolo.

Nella vicenda un ruolo particolare lo gioca Alessandro Profumo che non sa decidersi né ad assumere un ruolo centrale nel sistema Mediobanca né a togliersi di mezzo se constata di non avere la vocazione per svolgere un ruolo di concorrente strategico della banca bazoliana.

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