Greci contro Romani: l’eterno (e inutile) «dibattito» sul primato artistico

«Graecia capta ferum victorem cepit». È anche con l’intento di sfatare il mito di una Roma conquistatrice in realtà culturalmente «vinta» dalla Grecia, che nasce il progetto «I giorni di Roma», quinquennale programma espositivo dedicato all’antica Roma appunto, dal periodo tardo-repubblicano fino alla fine dell’Impero, curato da Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce. «Roma sicuramente rimase affascinata dalla cultura ellenica - spiega La Rocca - che, però, fece propria e influenzò, mostrando uno spirito originale e creativo. L’arte greca cambiò per adattarsi alle esigenze romane. Nel tempo l’aristocrazia greca si adeguò al nuovo modello». Il progetto, che avrà come teatro i musei Capitolini, prevede l’organizzazione di cinque mostre, una per anno: tre a carattere cronologico e due approfondimenti tematici. Si comincia il 5 marzo, con «L’età della conquista. Il fascino dell’arte greca a Roma», per poi proseguire nel 2011 con «Il volto dei potenti. Il ritratto romano tra Repubblica e Impero», genere che pur partendo da basi greche raggiunse a Roma i livelli più alti. Nel 2012, con «Costruire un Impero. L’architettura come rappresentazione di potere», l’attenzione si sposterà sui monumenti, tra plastici, ricostruzioni e decorazioni architettoniche. L’iter cronologico riprenderà nel 2013 con «L’età dell’equilibrio. L’arte romana durante il principato di Traiano e Adriano», per arrivare nel 2014 alla decadenza dell’Impero con «L’età dell’angoscia. L’arte romana tra Marco Aurelio e Diocleziano». "Fare mostre archeologiche a Roma non è semplice - prosegue La Rocca - si pensa sempre che in città ci sia già tutto e non si abbia bisogno di vedere altro. In realtà, i musei di arte antica soffrono un modello espositivo rinascimentale e barocco, che non valorizza l’aspetto temporale puntando alla visione isolata delle opere, svincolate dal contesto. Le mostre sono l’occasione per riordinare stili ed epoche. Così il progetto nasce per fornire un quadro dell’evoluzione dell’arte nel mondo romano».
Una panoramica su stile, anzi stili, dell’antichità, che tenga conto di epoca, contesto e provenienza, capace di coinvolgere il grande pubblico, ma pure di offrire spunti di riflessione e ricerca agli studiosi, grazie a una serie di prestiti straordinari (dalla testa di Diana, proveniente da Copenhagen, ad alcune statue di culto prestate dai musei ateniesi, da un rilievo paesistico con la raffigurazione di un contadino, giunto da Monaco, ad una serie di frammenti di un grande gruppo equestre rinvenuto a Lanuvio e ora a Londra).
Allo scontro storico segue l’incontro artistico che porta alla nascita di un terzo genere, in cui l’arte non è più greca, né romana, ma dell’Impero. È questa fusione creativa che il progetto mette in mostra e, al contempo, vuole indagare.

«Stiamo approfondendo l’arte delle opere in terracotta realizzate a Roma su imitazione di quelle elleniche, mettendole a confronto con quelle, anch’esse frutto di imitazione, che furono realizzate in marmo. È un campo che merita sicuramente di essere studiato in modo più accurato».

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