In Grecia il default è già realtà: Atene vuol tornare alla dracma ​e nazionalizzare le banche

Tsipras non ha intenzione di bloccare pensioni e stipendi per dare i soldi all'Fmi. Così il governo greco studia le misure da adottare in caso di default: il ritorno alla moneta nazionale sarebbe inevitabile

In Grecia il default è già realtà: Atene vuol tornare alla dracma ​e nazionalizzare le banche

La Grecia corre verso la bancarotta e ad Atene il governo già prepara le scialuppe per l'evacuazione di passeggeri ed equipaggio dalla nave ormai prossima al naufragio.

Dopo il rifiuto dei partner europei di concedere nuovi aiuti entro il 9 aprile la Grecia è alle corde. Senza i soldi dell'Europa, l'alternativa è secca: Atene dovrà scegliere se rimborsare le tranches di prestito al Fondo Monetario Internazionale o pagare gli stipendi e le pensioni ai cittadini.

Fonti vicine al partito di governo Syriza citate dal quotidiano britannico The Telegraph riportano la ferma intenzione di Tsipras di pagare pensioni, stipendi e servizi pubblici: "Siamo un governo di centro-sinistra, se ci pongono di fronte all'alternativa tra onorare i debiti con l'Fmi e il default per il nostro popolo, non c'è discussione", rivela un alto funzionario del partito. Così, prosegue il quotidiano inglese, la prossima settimana il governo di Atene potrebbe prendere l'inedita decisione di non onorare il pagamento con il Fondo.

"Se imboccassimo questa strada entreremmo nel tunnel degli arretrati - spiega la fonte citata dal Telegraph - Ciò provocherebbe grandi agitazioni sui mercati, e porterebbe l'orologio a ticchettare molto più in fretta." Sebbene il partito abbia sempre detto di voler evitare una procedura formale di default, ora sembra invece che gli alti ranghi della formazione politica di Tsipras si stiano preparando a fare i conti con questa prospettiva. Ai piani alti dei palazzi governativi di Atene, prosegue l'analisi del foglio anglosassone, c'è la convinzione che a Bruxelles non abbiano ancora colto appieno la portata della svolta politica greca: se le istituzioni europee vogliono evitare una disastrosa rottura dell'unione monetaria, devono prepararsi a maggiori concessioni.

Questo almeno è il ragionamento che fanno in Grecia. Un calcolo che può rivelarsi molto rischioso: in un continuo alternarsi di minacce e parole concilianti, nei mesi scorsi la Germania (si badi, non l'Europa, ma comunque il suo attore principale) ha più volte ostentato indifferenza di fronte alla prospettiva del cosiddetto "Grexit". Soprattutto nelle settimane precedenti le elezioni di gennaio, a Berlino l'ipotesi di un abbandono della moneta unica da parte di Atene è stata studiata a lungo.

Da Syriza assicurano di essere perfettamente consapevoli delle conseguenze di una linea dura rispetto ai creditori: nessun paese sviluppato ha, sinora, mai derogato dagli accordi con l'Fmi. La strategia, insomma, è quella di fare la voce grossa: "Non diventeremo un protettorato dell'Europa, siamo pronti a chiudere tutte le banche e a nazionalizzarle, emettendo dei titoli di prestito - ha spiegato una fonte ufficiale - Siamo consapevoli delle conseguenze di questo gesto."

Un gesto che avrebbe conseguenze pesantissime e sarebbe il prologo a un ritorno alla dracma, non escluso nemmeno nell'eventualità che venisse raggiunto un accordo informale con la Ue.

Negli ambienti governativi si respira ormai un clima di sospetto pesantissimo: "Vogliono controllare i nostri capitali e provocare il credit crunch, rendendo il governo così impopolare da farlo cadere per implosione interna", spiegano fonti dell'esecutivo. "Vogliono fare della Grecia un esempio per tutti, dimostrare che nell'eurozona nessun governo può fare di testa propria. Non credono che ce ne andremo davvero e non credono che il popolo greco ci seguirà: ma si sbagliano su entrambi i punti."

La situazione resterebbe critica anche se la Grecia dovesse riuscire a trovare il denaro per far fronte alla scadenza del 9 aprile: per il 1 maggio è previsto un altro pagamento di 200 milioni di euro e per il 12 maggio un'altra tranche di 763. Bruxelles insiste nel giudicare insufficienti le riforme promesse da Tsipras, a partire da quelle annunciate per far fronte alle varie scadenze dei pagamenti - che Atene assicura di voler onorare tramite la riforma della pubblica amministrazione e una spietata lotta all'evasione fiscale.

Assicurazioni che però non paiono

convincere nessuno. A partire dall'ex presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che ha bollato come "del tutto inaccettabili" le pretese greche di ottenere un nuovo dilazionamento dei pagamenti.

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