Non ho conosciuto Almerigo Grilz. Quando nel 1992 divenni vicedirettore de LIndipendente e conobbi Fausto Biloslavo, lamico di tanti reportage dal fronte delle guerre dimenticate, lui era già morto: una pallottola laveva colpito alla nuca mentre filmava un attacco dei guerriglieri della Renamo, i ribelli del Mozambico. Ma pur senza averlo conosciuto di persona, so che Almerigo era uno straordinario inviato. Per capirlo mi sono bastati i racconti di Fausto Biloslavo e, successivamente, di Gian Micalessin.
Erano tre ragazzi quando, 25 anni fa, insieme fondarono l«Albatross». Tre giovani di destra e questa è la «colpa» che si sono trascinati dietro per anni. Almerigo era stato segretario del Fronte della gioventù di Trieste, lorganizzazione giovanile del Movimento sociale. Fausto e Gian con lui dividevano la passione politica. Ma alla fine, fu quella giornalistica a prevalere. Sognavano di fare i grandi inviati. Di girare il mondo. Di raccontare le battaglie. Cominciarono con linvasione israeliana del Libano, poi venne lAfghanistan e la lotta dei mujaheddin contro le truppe dellArmata rossa.
Da quattro anni i soldati di Breznev avevano invaso il Paese, ma pochi sembravano interessati a scrivere di quella guerra contro limpero sovietico. Nessuno pareva avere voglia di narrare la prima grande crepa nel muro comunista. O, forse, molto più semplicemente, non cera inviato o reporter di lusso, a parte pochissime eccezioni, che avesse il coraggio di salire montagne e passare i valichi a dorso di mulo, insieme a un esercito di straccioni, rischiando di finire nelle mani dei russi.
Ci provarono loro - Almerigo, Fausto e Gian -, seguendo i guerriglieri, dividendo con loro i pericoli e quel niente che cera da mangiare. Ne uscì un reportage che fu trasmesso dalla Cbs, una delle grandi reti televisive americane. Tre ventenni di Trieste avevano fatto uno scoop mondiale, che spalancherà loro le porte dei più importanti network tv e dei più famosi giornali stranieri.
Almerigo comincerà a documentare la guerriglia in Cambogia e la guerra Iran-Irak per la Cbs, gli scontri al confine birmano thailandese per il Sunday Time e per lExpress, lavanzata sanguinosa dei ribelli dellUnita in Angola per la Nbc. Fausto e Gian continueranno a descrivere le sconfitte dellArmata rossa. Ma nonostante gli scoop, nonostante i resoconti dal fronte che li laurearono sul campo col titolo di inviati di guerra, per la stampa democratica italiana continuarono a rimanere tre fascisti. Quando Fausto Biloslavo fu catturato dai soldati russi, lUnità titolò «Neofascista arrestato in Afghanistan». Nessun organo di categoria si mosse per reclamarne la scarcerazione. Nessuno lanciò appelli o versò riscatti, a parte la mobilitazione di alcuni amici a Trieste. Per sette mesi fu lasciato marcire in cella a Kabul. Solo una lettera di Cossiga riuscì a farlo liberare.
Quando nel 1987 Grilz fu ucciso in Mozambico, lineffabile Unità scrisse di nuovo: «Morto mercenario triestino». E al Tg1, cui dopo tempo Almerigo aveva iniziato a collaborare, il comitato di redazione protestò perché Paolo Frajese ebbe lardire di dedicargli un servizio. Un ex missino, nonostante avesse realizzato reportage esclusivi, documentando la ferocia dei conflitti in Africa, non meritava alcuna menzione. La congiura del silenzio contro Almerigo non è caduta neppure a distanza di ventanni. Ancora oggi, sebbene Fausto Biloslavo e Gian Micalessin lo chiedano da tempo, lAssociazione della stampa di Trieste si rifiuta di ricordarlo. Allentrata della sede del sindacato e dellOrdine dei giornalisti, a cui era iscritto, una lapide rammenta la fine di alcuni colleghi caduti in Bosnia e Somalia, ma per Grilz non cè spazio. «La facciata del palazzo che ospita la sede dellassociazione non è un orto lapidario» è stata la giustificazione.
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