Guerra Hamas-Fatah, parlamento in fiamme

Gian Micalessin

La guerra a Israele può attendere. Dopo un fine settimana trascorso a bersagliare con almeno 80 missili Sderot e le altre cittadine intorno alla Striscia, Hamas e Fatah hanno ripreso a combattere tra di loro. A ritrovarsi in stato d’assedio stavolta è Rafah, il grumo di case, campi profughi e distruzioni, al confine con l’Egitto, nell’estremo lembo meridionale della Striscia. Gli scontri fratricidi, susseguitisi per tutta la giornata di ieri, hanno causato la morte di almeno due militanti palestinesi e il ferimento di altri 15. E in serata il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen ha ordinato lo stato di massima allerta per tutte le forze di sicurezza. La mossa può essere interpretata come il riconoscimento ufficiale dello stato di guerra civile o come il sintomo di un ormai ineluttabile confronto militare a tutto campo.
La situazione si è ulteriormente aggravata ieri sera, quando una banda armata legata a Fatah ha assaltato il palazzo del Parlamento e gli uffici del governo di Ramallah. I militanti di Fatah, dopo aver aperto il fuoco sul Parlamento, hanno dato alle fiamme gli uffici del Consiglio dei ministri, sequestrando un deputato di Hamas, Halil Rabai, rilasciato a tarda sera. Il duplice assalto di Ramallah è la risposta armata all’azione parlamentare avviata ieri da Hamas per invalidare il decreto del presidente Abu Mazen sul referendum del 26 luglio.
Hamas deve fare i conti anche con l’eventualità di una «liquidazione fisica» del premier Ismail Haniyeh in caso di ripresa degli attacchi suicidi. La sibillina minaccia proferita dal deputato di Kadima, Tzachi Hanegbi, capo della commissione Difesa della Knesset, non è stata sottoscritta dal premier Ehud Olmert, ma neppure smentita. Di certo ne terranno conto i leader di Hamas, impegnati in un durissimo scontro interno sull’opportunità di riprendere gli attacchi contro Israele.
La battaglia di Rafah inizia quando alcuni militanti di Hamas, reduci dai funerali di un compagno caduto negli scontri notturni con Fatah, aprono il fuoco sul quartier generale della Sicurezza preventiva, la più importante delle forze armate schierate con il presidente. Dall’interno del palazzo fortificato si risponde al fuoco, e un militante di Hamas cade ferito a morte. La banda di militanti integralisti torna in forze e prende d’assedio il palazzo bersagliandolo con razzi anticarro, che aprono profonde falle nel muro di recinzione. Poi la battaglia si trasforma in una serie di assalti a testa bassa. Mentre la città si svuota, un miliziano della sicurezza preventiva cade ucciso, e altri 15 armati dei due schieramenti finiscono all’ospedale.
Lo scontro tra l’esecutivo di Hamas e il presidente Abu Mazen, degenerato negli assalti al Parlamento e agli uffici del governo di Ramallah, era iniziato con il tentativo dei deputati fondamentalisti di abrogare il decreto presidenziale sul referendum del 26 luglio prossimo. Pur controllando 74 dei 132 seggi parlamentari il gruppo fondamentalista non è riuscito però a mettere assieme la maggioranza di due terzi richiesta per l’annullamento del decreto. Vista la mala parata Hamas ha annullato il voto sul referendum e ha giustificato il passo indietro con la necessità di avviare nuovi negoziati tra il presidente e il premier Ismail Hanyieh.
Il referendum ratificherà politicamente, in caso di vittoria del sì, il cosiddetto piano delle prigioni sulla «soluzione dei due Stati», costringendo Hamas ad accettare il riconoscimento di Israele. Per fermare con le buone o le cattive un referendum capace - in caso di vittoria del sì - di decretare la fine del proprio esecutivo è scesa in campo anche la dirigenza in esilio di Hamas. «Se il referendum si svolgerà, Hamas non lo riconoscerà e non lo accetterà, qualunque sia il suo risultato», ha detto Moussa Abu Marzouk, numero due dell’ufficio politico di Damasco.
Nel frattempo, Israele continua a indagare sulle cause della strage sulla spiaggia di Sudanya a Gaza, in cui sono morti 8 palestinesi.

Per le autorità palestinesi tutto è chiaro: l’artiglieria israeliana aveva bersagliato poco prima la zona vicino alla spiaggia e uno dei proiettili, fuori traiettoria di 200 metri, è finito tra i bagnanti. Ma l’esercito israeliano non è convinto e ha aperto un’inchiesta i cui risultati saranno resi noti oggi.

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