La guerra sul programma rovina la festa a Prodi

Assemblea senza la Rosa nel pugno. Mastella reclama libertà di scelta sui Pacs. Il Professore: «Berlusconi come Napoleone? Finirà a Sant’Elena»

Roberto Scafuri

da Roma

Prima di parlare del programma di 281 pagine e dell’impegno baci-e-abbracci a restare «uniti e coesi», converrà forse dire della capacità organizzativa. Novecento posti nel teatro Eliseo, duemila inviti, pullman di militanti ds dalla Toscana, prevedibile spiegamento di addetti all’informazione, immaginabile folla di italici convenuti per farsi vedere e imbarcare sul carro vincente. Già alle 10 e 10, però, non si riesce a salire neppure la scala d’ingresso. Le porte sono chiuse in anticipo e una calca di mani sventolanti tessere viene respinta. Si grida al borseggio. Voce dal popolo: «Cominciamo così... ma ’ndo annamo?...».
Uniti e coesi, troppo. «Forse abbiamo sbagliato sala», sussurra Prodi facendosi largo, la festa comincia. Nell’attiguo Piccolo Eliseo una parte degli esclusi può seguire sul megaschermo la performance applaudendo quando gli altri applaudono. Prodi incassa unità e coesione del suo popolo, mai in discussione. Al termine del discorso di 13 cartelle il coro «unità» gli rimbalza incontro, ridandogli forza. Salgono sul palco in ordine alfabetico gli alleati e nell’immaginario di questi militanti (per lo più ds) è sintomatico che il primo sia Bertinotti. Baci-e-abbracci, programma, foto. «È la cosa più unitaria che abbiamo fatto», commenterà il capo rifondatore, critico per il salto qualitativo non compiuto dall’Unione. Quando toccherà a Fassino, ovazione della platea. Quando viene chiamato Rutelli, battimani di cortesia. Non sale la Bonino, non Boselli: difatti la Rosa nel pugno non c’è. Se volesse, sarebbe già fatta fuori alla faccia dell’unità. «Prodi medierà», si lava le mani Marini. «Hanno bisogno di visibilità», si accaniscono Pecoraro Scanio e Di Pietro. «Un ministero ai radicali sarebbe come dar loro una pistola carica», s’impunta Diliberto, allergico alla presenza più del già pannelliano Rutelli.
Ma è la giornata di Prodi e del programma, e il Professore lo presenta sottolineando che «le differenze erano inevitabili, ma non ci sono state imposizioni». Mastella reclama libera scelta sulle «unioni di fatto», la Bonino fa sapere che firmerà «qualunque cosa mi presentino». Il leader, intanto, punzecchia il leader avverso: «C’è chi si diletta nell’esercitare una strategia di comunicazione molto sofisticata: un secchio di sterco la mattina e uno la sera sugli avversari, e dipingere tutta l’Italia di rosso. Ormai lo disturba anche vedere passare una Ferrari... Il nostro sarà un governo per tutti, non per uno solo. Il dopo Berlusconi è già cominciato». Continuerà anche per strada: «Lui Napoleone, io semplicemente Romano. Lo mandiamo a Sant’Elena? Prima c’è Waterloo».
I contenuti del programma soddisfano tutti i leader, a parole. Molte formulazioni riecheggiano quella grottesca del riconoscimento «alle persone che fanno parte delle unioni di fatto»: come sostenere che la legge tutela gli esseri viventi che fanno parte della vita. Ma nessuno ci fa più tanto caso, il peggio è passato. Prodi assume un punto di vista di «riforme radicali», perché «gli italiani sono divisi ma non dall’ideologia», piuttosto «tra chi ha tanto e chi ha poco, tra chi si è sfacciatamente arricchito e chi si è impoverito, tra chi ha evaso sistematicamente il fisco ed è stato premiato e chi ha pagato le tasse fino all’ultimo euro». La priorità delle priorità sarà quella di «ridurre sensibilmente l’eccessivo carico contributivo sul lavoro dipendente»: i cinque punti in meno del cuneo fiscale già dichiarati.
L’economia andrà rilanciata non con una politica in due tempi (prima risanamento finanziario, poi interventi per lo sviluppo); con una «feroce lotta all’evasione fiscale» (il recupero di un terzo dell’evasione «risolverebbe molti dei nostri problemi»); con una tassazione equa sulle rendite finanziarie, «escludendo però i redditi prodotti dai piccoli patrimoni frutto del risparmio familiare». Prodi parla di un «fisco amico delle famiglie: vogliamo dotare ogni bambino di un reddito che aiuti la famiglia fino al raggiungimento della maggiore età». Ancora: «Raddoppieremo il numero degli asili nido e faremo un fondo di garanzia per mutui alle giovani coppie», perché i veri scandali sono che è «un lusso sposarsi» nonché «tenere in condizioni di precarietà lavorativa permanente i giovani». Verrà ridotto «il carico fiscale sugli affitti e scoraggiato il nero». Altra priorità assoluta la «difesa dell’ambiente, incorporando le ragioni della natura in tutte le nostre politiche». E naturalmente il ritiro dall’Irak con i tempi necessari. Due stelle polari: l’Europa e la Costituzione, «che si cambia insieme».

Il programma è lungo perché «vogliamo spiegare nel dettaglio, non pretendiamo che i cittadini lo leggano tutto... Ad abbreviarlo si fa sempre a tempo». In fondo, un rilancio di speranze e delusioni. Forse e persino un rafforzamento dell’unità.

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