Ancora droni su Mosca: perché la Russia ora è sotto tiro

Cinque velivoli senza pilota si sono spinti ad alcune decine di km dalla capitale russa, prima di venire intercettati dalle difese aeree. Mosca accusa Kiev di terrorismo: "Gli Usa addestrano gli operatori ucraini aiutandoli con l'intelligence"

Ancora droni su Mosca: perché la Russia ora è sotto tiro
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Un altro atto dimostrativo, sempre nella capitale russa. Non allarmante come quello del 3 maggio scorso sul Cremlino ma non per questo meno spericolato e concepito per seminare il caos. Nella mattina di oggi, martedì 4 luglio, quattro droni sono stati intercettati dalle difese aeree russe in una località residenziale situata a circa 30 km da Mosca, mentre un altro più lontano, vicino Kubinka (dove sorge una base aerea), è stato fatto crollare usando tecniche di disturbo elettronico (jamming). L'attacco non è stato rivendicato, ma il governo russo non ha perso tempo a imputare la responsabilità del raid all'Ucraina, sospettata dall'intelligence statunitense di aver architettato in incognito e all'insaputa del presidente Volodymyr Zelensky la clamorosa incursione arrestata in extremis sul tetto del palazzo del Senato del Cremlino.

Le reazioni all'attacco

Il sindaco di Mosca Sergej Sobyanin ha annunciato che almeno 16 voli in partenza dall'aeroporto Vnukovo fra le cinque e le otto di mattina sono stati deviati alcuni per "ragioni di sicurezza", altri per "ragioni tecniche". Per Maria Zakharova, la portavoce di Sergej Lavrov, e il ministero della Difesa di Mosca si è trattato di terrorismo. Un gesto, sostiene la Federazione russa, reso possibile grazie all'aiuto degli Stati Uniti e degli alleati Nato del regime di Kiev. "Gli Usa e gli altri Paesi dell'Alleanza forniscono droni all'Ucraina, addestrano gli operatori di droni e forniscono informazioni d'intelligence necessarie a commettere tali crimini, ottenute anche con l'impiego di satelliti civili e militari", scrive in una nota il ministero degli Esteri russo.

Ironica la replica di Kiev: "Qualcosa può volare su Mosca, succede", ha commentato apparendo in televisione il portavoce del Gur Andrij Yusov. Più duro invece il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak, che affida la sua risposta a un breve testo pubblicato su Twitter: "Il ministero russo degli Esteri deve capire che un attacco terroristico è quando lanci deliberatamente per 16 mesi missili balistici e da crociera su aree residenziali e pizzerie affollate", riferendosi in particolare al bombardamento del 27 giugno di quest'anno sulla pizzeria Ria Lounge a Kramatorsk in cui ha perso la vita la scrittrice 37enne ucraina Victoria Amelina.

Destabilizzare il nemico

Prosegue perciò il rimpallo di accuse: da un lato Mosca punta il dito contro il Paese con cui è in guerra; dall'altro Kiev non conferma né smentisce, svicolando puntualmente il discorso. Lo Stato sulla carta più forte, incapace di conseguire i suoi obiettivi sul campo, si mostra tuttavia quello più vulnerabile. I blitz sul territorio russo svelano infatti una debolezza interna e una profonda indecisione per certi versi già dimostrata durante la rivolta del gruppo Wagner, riuscito a conquistare in una notte il più importante quartier generale dell'esercito russo a Rostov sul Don prima di abortire la sua "marcia per la giustizia" a poche centinaia di km da un inevitabile bagno di sangue. E mentre la minaccia rappresentata dai volontari fedeli a Evgenij Prigozhin rimane il chiodo fisso dei servizi segreti e degli apparati di sicurezza fedeli al Cremlino, pronti ad agire anche in Bielorussia, sul fronte si continua a combattere una guerra che dopo un anno è arrivata fisicamente nei centri di potere russo, in un primo momento risparmiati dalle velleità di un'incontenibile leadership militare che a detta degli 007 statunitensi adesso si muoverebbe alle spalle di Zelensky.

L'Ucraina, che non ha smesso di prendere di mira con i suoi droni i depositi e i magazzini di petrolio in Russia, approfitta di conseguenza di questa insorgente fragilità per destabilizzare un regime fino a pochi mesi fa immune a lotte clandestine e capace soprattutto di oscurare quanto accadeva ai suoi confini.

Il conflitto ha varcato le frontiere russe e se Putin, il cui pugno di ferro sta dando l'impressione di sbriciolarsi, vuole davvero mantenere alta la fiducia nei suoi confronti non potrà permettersi incidenti simili in futuro.


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