Hamas: "Vicini ad accordo con Israele". I termini della tregua

L'eventuale intesa prevederebbe una tregua di cinque giorni, comprendente un cessate il fuoco per le operazioni via terra e la limitazione delle operazioni aeree israeliane nel sud di Gaza

Hamas: "Vicini ad accordo con Israele". I termini della tregua
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"Siamo vicini a raggiungere un accordo per una tregua" con Israele. Lo ha dichiarato il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, con un messaggio su Telegram. "Il movimento (Hamas, ndr) ha dato la sua risposta ai fratelli del Qatar e ai mediatori", ha proseguito Haniyeh nel suo post. Non sono stati forniti ulteriori dettagli relativi al potenziale accordo. Fonti di Hamas e della Jihad islamica - un altro gruppo militante palestinese separato che ha preso parte agli attacchi del 7 ottobre nel Sud di Israele - hanno spiegato che l'accordo, qualora si concretizzasse, prevederebbe una tregua di cinque giorni, comprendente un cessate il fuoco per le operazioni via terra e la limitazione delle operazioni aeree israeliane nel sud di Gaza.

In cambio, sarebbero rilasciate tra le 50 e le 100 persone detenute dai gruppi militanti palestinesi. Tra queste ci sarebbero civili israeliani e persone di altre nazionalità, ma non personale militare. Secondo l'accordo proposto, anche circa 300 palestinesi, tra cui donne e bambini, verrebbero rilasciati dalle carceri israeliane.

Un'altra concessione fatta dal governo israeliano sarebbe l'ingresso di aiuti a Gaza. Le trattative vanno avanti da diversi giorni e hanno visto il coinvolgimento del Qatar e degli Stati Uniti. Izzat al-Rishq, esponente dell'ufficio politico di Hamas, ha dichiarato ad al Jazeera che l'intesa verrà ufficializzata entro poche ore. "L'accordo sarà accettabile per i leader del braccio armato (brigate al Qassam, ndr)". La trattativa è stata confermata anche da fonti israeliane e sarà Doha a pubblicare i dettagli.

Intanto nella notte, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu dopo avere incontrato alcuni dei familiari degli ostaggi israeliani a Gaza, ha dichiarato: "La restituzione degli ostaggi è una missione sacra. Siamo profondamente impegnati in questo senso e ci stiamo lavorando ogni giorno. Non ci fermeremo finché non avremo completato la nostra missione. Siamo tutti impegnati in questo senso. Insieme ai miei colleghi, sono responsabile della liberazione degli ostaggi. Non smetteremo di combattere finché non riporteremo a casa i nostri ostaggi, non distruggeremo Hamas e non ci assicureremo che non ci siano più minacce da Gaza".

Ma a Tel Aviv non mancano le voci contrarie al negoziato. "È un accordo che potrebbe provocare un disastro", ha commentato, lapidario, il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. "Sono molto preoccupato perché si parla di un accordo, ci tengono lontani dai dettagli e non ci viene detta la verità", ha spiegato il leader del partito di estrema destra Potere ebriaco.

"Israele – conclude – commetterà nuovamente un grave errore simile all'accordo Shalit che ha portato al rilascio del soldato israeliano nel 2011 in cambio di oltre un migliaio di prigionieri palestinesi".

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