"Vada a casa": a Gerusalemme esplode la rabbia contro Netanyahu

Quattro giorni di proteste per indurre Netanyahu alle dimissioni: i manifestanti e le famiglie degli ostaggi insorgono in tutto il Paese per chiedere una svolta nelle trattative con Hamas

"Vada a casa": a Gerusalemme esplode la rabbia contro Netanyahu
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Quattro giorni di protesta a oltranza per chiedere le dimissioni del primo ministro Benjamin Netanyahu con il suo governo, elezioni anticipate e un accordo tra i leader di Israele che permetta di arrivare al rilascio dei 130 ostaggi ancora nella Striscia di Gaza: questo è ciò che chiedono i manifestanti che hanno iniziato a riunirsi circa un'ora fa a Gerusalemme. Epicentro della manifestazione sarà la Knesset, il Parlamento israeliano, ma anche la residenza di Netanyahu a Gerusalemme e altri luoghi chiave.

In 100mila alla Knesset

Sarebbero almeno 100 mila i manifestanti a Gerusalemme davanti alla Knesset. Il governo del primo ministro Netanyahu "non rappresenta l'opinione pubblica israeliana", afferma il leader della protesta Moshe Radman secondo quanto riferisce The Times of Israel, a margine della manifestazione. "Oggi sono tutti qui Brothers in Arms, Kaplan Force, tutti", dice citando vari movimenti di protesta. Radman ha annunciato ai suoi follower sui social media che l'obiettivo delle manifestazioni di Gerusalemme è quello di "creare un grande evento che sposti l'ago della bilancia" e fare pressione sul governo per programmare le prossime elezioni prima del Giorno dell'Indipendenza, fissato per il 13-14 maggio. Alla domanda se pensa che le manifestazioni avrebbero fatto cambiare idea a Netanyahu, Radman ha dichiarato al Times of Israel che il primo ministro "non può ascoltare perché è nel bel mezzo della sua sopravvivenza politica e del mantenimento della sua leadership, ma spera che le persone della coalizione ascoltino e capiscano che l'unico modo in cui Israele si riprenderà da questo disastro sono le elezioni".

Proteste in tutto il Paese per chiedere le dimissioni di Netanyahu

A partire dal tardo pomeriggio di ieri centinaia di persone si sono riunite in una delle principali arterie stradali di Cesarea, nei pressi della residenza privata di Netanyahu, portando cartelli che lo incitano a dimettersi. La protesta nella ricca città costiera a metà strada tra Haifa e Tel Aviv è una delle numerose manifestazioni delle ultime settimane che, secondo i manifestanti, sono progettate per aumentare la pressione sul governo affinchè si vada a nuove elezioni.

"Se le famiglie sapessero quanto è piccolo il divario che Netanyahu si rifiuta di colmare" nei negoziati con Hamas, "esploderebbero", ha dichiarato Amos Malka, ex capo della direzione dell'intelligence militare delle forze di difesa israeliane. "Questa è un'ulteriore prova della sua non idoneità a ricoprire l'incarico", ha aggiunto. Sempre nella serata di ieri, un'altra manifestazione si è svolta a Tel Aviv: venti famiglie di ostaggi tenuti da Hamas a Gaza incolpano il primo ministro per il fallimento dei colloqui per il ritorno dei loro cari, giurando di perseguitarlo fino a quando non sarà rimosso dal potere.

I parenti degli ostaggi in piazza contro Netanyahu

Le proteste sono organizzate da un folto gruppo di associazioni e organizzazioni che avevano indetto per oggi alle 18.30 (ora israeliana) una maxi raduno per chiedere un diverso futuro politico della nazione. Tra i manifestanti e promotori delle manifestazioni ci sono soprattutto i parenti degli ostaggi. Secondo questi la priorità del primo ministro israeliano non è il ritorno dei loro cari.

Il premier ha incontrato direttamente le famiglie dei militari prigionieri per la prima volta dall'attacco di Hamas ma le famiglie restano persuase di come la vittoria militare nella guerra sia più importante, oltre a denunciare di non aver ricevuto alcun dettaglio sui negoziati.

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