Il viaggio di Blinken e la paura di una guerra in Libano: cosa può succedere

Funzionari americani temono che una guerra tra Israele ed Hezbollah possa portare al coinvolgimento delle altre milizie nella regione ed essere usata da Netanyahu come chiave per la sua sopravvivenza politica

Il viaggio di Blinken e la paura di una guerra in Libano: cosa può succedere
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Negli Stati Uniti serpeggia il timore di una possibile guerra in piena regola tra Israele ed Hezbollah, un’eventualità che Joe Biden vuole scongiurare. Il Washington Post ha riferito che alcuni dei più fidati consiglieri del presidente sono stati inviati in Medio Oriente per evitare un allargamento del conflitto, ipotesi sempre più concreta dato che lo Stato ebraico “ha definito insostenibile il regolare scontro a fuoco tra le sue forze e Hezbollah, annunciando che potrebbe presto lanciare un’importante operazione militare in Libano”. Anche il segretario di Stato Antony Blinken è arrivato nella regione per la sua quarta missione dall'inizio della guerra, in modo da convincere Tel Aviv a scegliere la via del negoziato con i miliziani filo-sciiti.

Le avvisaglie dell’apertura di un nuovo fronte non mancano. Le Idf hanno ammassato carri armati al confine con il Paese dei Cedri fin dai primi giorni della guerra con Hamas, due brigate saranno presto ritirate da Gaza per essere riposizionate lungo la Linea blu e jet dell'aviazione israeliana hanno sorvolato Beirut nella giornata di domenica 7 dicembre. La tensione tra i due schieramenti, inoltre, ha raggiunto livelli molto elevati dopo l'eliminazione del numero due di Hamas a Beirut. “Preferiamo la via di una soluzione diplomatica, ma ci stiamo avvicinando al punto in cui la clessidra si capovolgerà”, ha affermato venerdì 5 gennaio il ministro della Difesa Yoav Gallant. I funzionari statunitensi temono anche che il premier Benjamin Netanyahu possa considerare l’allargamento della crisi al Libano come chiave della sua sopravvivenza politica, in un momento in cui è circondato dalle critiche per la sua incapacità di prevenire gli attacchi del 7 ottobre.

Il Washington Post ha rivelato che, nel corso di conversazioni private, la Casa Bianca ha messo in guardia Israele sottolineando che un’escalation lungo il confine settentrionale sarebbe difficile da gestire per le Idf, considerando che in questo momento le loro risorse e i loro mezzi militari sono sparpagliati a causa delle operazioni nella Striscia. Secondo un’analisi della Defense intelligence agency, inoltre, operazioni su vasta scala dello Stato ebraico in Libano causerebbero “tra 300mila e 500mila vittime e ne risulterebbe una massiccia evacuazione di tutto il nord di Israele”, già in parte effettuata con l’allontanamento di 80mila persone dalla zona interessata dagli attacchi dei miliziani del Partito di Dio.

Bilal Saab, un esperto di Libano presso il Middle East institute di Washington, ha affermato che gli Hezbollah potrebbero colpire Israele più in profondità, prendendo di mira obiettivi sensibili come impianti petrolchimici e reattori nucleari, e che il loro arsenale è più vasto e avanzato rispetto a quello utilizzato nel conflitto del 2006.

Secondo lo studioso, vi è inoltre la possibilità che un’eventuale guerra aperta “non resterebbe limitata a questi due antagonisti” e che l’Iran possa ordinare l’attivazione delle milizie in tutta la regione.

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