Henriquet estraneo al «caso» dell’ossigeno

Il professore Franco Henriquet, benemerito fondatore dell’associazione «Gigi Ghirotti», che da anni presta assistenza ai malati terminali e sostegno alle loro famiglie, non ha nulla a che vedere con la cosiddetta presunta «truffa all’ossigeno». Infatti non è tra i 26 indagati (medici, farmacisti, produttori e venditori di bombole), a cui nei giorni scorsi è stato notificato «l’avviso conclusione indagini» (Acip), in cui si ipotizzano i reati di truffa e falso in certificazione (ricette), nè è stato mai coinvolto nell’inchiesta, svolta dai carabinieri del Nas, su incarico del pubblico ministero Francesco Pinto.
L’accusa a carico dei 26 inquisiti, che hanno ricevuto l’Acip, preludio della richiesta di rinvio a giudizio, è di concorso tra medici, farmacisti, produttori e venditori nell’incremento dell’uso di ossigeno, consumato dai pazienti solo sulla carta, perchè eccessivo rispetto alle reali necessità (alcuni parenti di ammalati avevano denunciato d’aver ricevuto le bombole anche dopo il decesso dei loro cari). Ossigeno pagato dall’Asl (truffata), sulla base della prescrizione medica, autorizzata dalla stessa azienda. In alcuni casi è stata contestata agli «avvisati» la mancanza di autorizzazione, in altri una prescrizione eccessiva, rispetto al necessario. Secondo gli inquirenti i medici prescrivevano, i farmacisti tenevano i contatti con i produttori (quasi tutti lombardi) e i venditori (uno di essi è difeso da Massimo Boggio e Gianluca Sacco). Tra gli indagati quasi tutti medici di base. Comunque, a sostegno degli indagati, è stato autorevolmente osservato che vi sono delle spiegazioni tecniche.

Ad esempio v’è una perdita quando la bombola è inattiva o quando si travasa l’ossigeno da una grande a una più piccola. Forse è stata commessa qualche irregolarità. Per la preoccupazione di assicurare la continuità nell’assistenza, qualche medico nel fine settimana potrebbe aver allungato la prescrizione per per due o tre gioni.

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