Hezbollah e il legame con Teheran

Massimo Introvigne

Fra un giorno, una settimana o un mese la guerra finirà e fin da ora ci sono due certezze: Israele avrà ridotto la capacità di colpire degli Hezbollah, ma gli Hezbollah in Libano ci saranno ancora. Le divergenze che attraversano l’Occidente e lo stesso mondo musulmano ruotano tutte intorno a due questioni di fondo, che curiosamente di rado sono discusse apertamente: la natura degli Hezbollah e la loro possibile evoluzione futura.
Gli Stati Uniti hanno gli Hezbollah nel loro elenco di movimenti terroristi, l’Europa no per il veto francese. La differenza non deriva dal fatto che gli Hezbollah siano anche un partito, che partecipa alle elezioni libanesi e conta 14 deputati e un ministro. Hamas ha vinto le elezioni palestinesi ed esprime il primo ministro locale, ma rimane un movimento terrorista anche per l’Europa. La domanda da porsi non è solo che cosa fanno gli Hezbollah, che, oltre a svolgere attività di terrorismo secondo la definizione della stessa Unione Europea, per cui sono terroristi gli attentati contro civili non combattenti, conquistano consensi tra gli sciiti libanesi con la loro rete di servizi sociali, scuole e opere caritative, esattamente come fa Hamas fra i sunniti palestinesi. È che cosa vogliono.
Da questo punto di vista non c’è che da leggere le pubblicazioni ufficiali degli Hezbollah, che affermano chiaramente che il loro scopo primario non è rappresentare gli interessi degli sciiti in Libano, ma distruggere Israele, a nome e per conto di tutto il mondo islamico e per ragioni che sono teologiche, non politiche. É perché scambiano gli Hezbollah per un partito di tutela degli sciiti con motivazioni anzitutto politiche che i vari Chirac e Zapatero si ostinano a non considerarlo un movimento terroristico. Dopo la guerra, che faranno gli Hezbollah? Un movimento terroristico può cessare di operare perché ha raggiunto il suo obiettivo: è il caso dei gruppi bosniaci anche più estremi, che si sono sciolti una volta che la Bosnia è diventata uno Stato indipendente.
Ma lo scopo degli Hezbollah è la distruzione di Israele, un nuovo Olocausto che nessuno in Occidente (compresi Chirac, Zapatero e D’Alema) può davvero tollerare. Può essere distrutto militarmente: ma con i suoi cinquemila miliziani armati e un bacino di sostenitori di almeno trentamila persone il movimento di Nasrallah è troppo grande perché questa sia un’opzione realistica. Resta la trasformazione di un movimento terrorista in partito politico. Non sarebbe la prima volta che succede. Non a caso ne parla molto Zapatero, che pensa alla stessa soluzione (fra durissime polemiche in Spagna) per i separatisti baschi.
Ma i baschi non hanno la feroce ideologia apocalittica degli Hezbollah, né godono del sostegno in denaro e armi di un potente Stato straniero come l’Iran. In passato lo stesso Sharon aveva coltivato l’idea di una trasformazione «politica» di Hamas. Per Hamas - e molto di più per gli Hezbollah - l’operazione si è rivelata per ora impossibile per l’intervento di agenti esterni: la Siria e soprattutto l’Iran, che ha minacciato i dirigenti «trattativisti» di tagliare fondi, armi e forse anche qualche testa. Alla fine, tutte le strade portano a Teheran.

Dal momento che gli Hezbollah non spariranno, l’unico modo di trasformarli da milizia in partito - dopo averli disarmati - è rescindere il loro cordone ombelicale con il regime di Teheran. Per questo è necessario che qualcosa cambi in Iran. Un cambiamento nel regime in Iran è la chiave di qualunque vicenda politica in Medio Oriente.

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