Prima di dirigere i suoi film migliori - Essere John Malkovich, Nel paese delle creature selvagge, Her - Spike Jonze è stato un autentico specialista di videoclip: la sua firma, infatti, aggiunge un quid significativo al prodotto commerciale. In particolare, tra il 1993 e il 2003, Jonze ha diretto diverse volte i Beastie Boys, testimoniando con immagini adrenaliniche, potenti, colorate e scanzonate l'evoluzione stilistica della band newyorkese che ha segnato la storia di un decennio musicale, inizialmente volta a entrare nel mondo rap attingendo dal giro Run DMC per sviluppare in un seguito una ricerca più sperimentale e niente affatto scontata.
Erano in tre e sono rimasti in due, perché Adam Yauch se l'è portato via il cancro nel 2012. Adam Horovitz e Michael Diamond oggi sono due ultracinquantenni che hanno dismesso i panni delle rockstar e si raccontano per due ore davanti al pubblico, a teatro, mentre immagini, suoni, materiali d'archivio scorrono alle loro spalle. Dall'entusiasmo alla commozione, dal ricordo alla rabbia, i sentimenti si prendono la rivincita per un (auto)ritratto di bellezza inaudita.
The Beastie Boys Story, diretto proprio da Jonze (e non poteva essere altrimenti, vista l'amicizia che li lega) disponibile sulla piattaforma Apple TV, è uno di quei film che si deve vedere obbligatoriamente, anche se in queste settimane la nostalgia da concerti può diventare davvero pericolosa. La loro storia comincia nella New York degli anni '80, dove la cultura nera invade gli spazi della musica e dell'arte: era appena finito il punk e chiunque avrebbe potuto aspirare a diventare una rockstar o un pittore famoso come Jean-Michel Basquiat. Bastava essere giovani, sufficientemente sballati, e avere alle spalle un buon produttore. I Beastie Boys esordiscono con un album da urlo Licensed to Ill trainato dal singolo (You Gotta) Fight For Your Right (To Party) prodotto dal geniale Rick Rubin che sa come si confeziona un prodotto commerciale. Travolti da troppo successo per dei ventenni, spendono un sacco di soldi, si trasferiscono a Hollywood, litigano e si separano, salvo poi tornare alla musica un paio d'anni dopo con Paul's Boutique per poi intraprendere quella ricerca che li porterà ai lavori migliori secondo l'opinione della critica.
Dei tre certamente Yauch era il più insolito e imprevedibile; verso la fine della sua breve vita incontrò il buddismo e lanciò il grande concerto benefico per il Tibet. E' molto difficile per Horovitz e Diamond non commuoversi nel ricordare l'amico che non c'è più, e nel film Jonze ha tenuto tutto, senza tagli, proprio per restituire al pubblico di oggi l'autenticità di quell'avventura.
Alcune cose sembrano tagliate su misura per noi, a rischio di restare disperatamente ancorati al tempo che fu.
E che proprio è difficile immaginare una vita senza concerti e partite di calcio. «Devi combattere per il tuo diritto di fare festa», una frase che quasi quasi mi stampo su una maglietta e la dedico a chi vuole restare ancora a casa, spiaggiato come un tricheco sul divano.
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