I farmacisti: sciopero a oltranza contro Bersani

Gian Maria De Francesco

da Roma

I farmacisti non arretrano dinanzi al decreto Bersani. E da domani sarà sciopero a oltranza delle farmacie che resteranno chiuse fino alla conversione in legge del decreto. La decisione è stata presa ieri dall’assemblea di Federfarma che potrebbe preludere a una chiusura di cinque giorni (tranne per le farmacie di turno) considerato che in caso il governo ponesse la questione di fiducia alla Camera il voto potrebbe slittare a martedì.
La risoluzione è giunta al termine della seconda giornata di sciopero proclamata dall’associazione di categoria (le adesioni sono state stimate al 95%) e culminata con il sit-in di protesta di 4.500 farmacisti riuniti ieri mattina a Piazza Barberini a Roma. L’obiettivo è sempre lo stesso: convincere il ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, alla retromarcia sul provvedimento che consente ai supermercati di vendere i farmaci da banco. Nella folla di camici bianchi era presente anche il deputato di An, Gianni Alemanno. «Se il governo non modificherà il decreto Bersani tra Camera e Senato, saremo costretti a creare un comitato per promuovere un referendum abrogativo», ha detto. Il segretario nazionale di Federfarma, Franco Caprino, ha ribadito la necessità che «il ministro della Salute, Livia Turco, si riappropri di tutto ciò che è di sua stretta competenza».
Alleanza nazionale si è inoltre prodigata per organizzare un nuovo vertice tra i farmacisti e Bersani. Ma l’incontro non ha avuto esito positivo e il ministro Bersani in una nota ha confermato l’intenzione di non procedere a modifiche del decreto, ma a monitorarne l’applicazione per evitare «fenomeni di concentrazione». L’assemblea di Federfarma si è così trasformata in una bolgia. «Non ci sono margini di manovra», ha spiegato il presidente dell’associazione Giorgio Siri. L’esasperazione di molti delegati è stata comunque convogliata in una risoluzione unitaria che, oltre allo sciopero a oltranza, prevede la partecipazione alla manifestazione dei professionisti di domani e un’eventuale raccolta di firme con gli altri ordini per un referendum abrogativo.
I farmacisti non sono stati gli unici a scendere in piazza ieri. Anche i panificatori hanno organizzato un corteo, sempre a Roma, partendo da Piazza Venezia e raccogliendosi dinanzi a Montecitorio. «Il nostro pane puoi mangiarlo sicuro, quello di Bersani manco ai cani», hanno urlato i panettieri contrari alla liberalizzazione che, secondo loro, consentirebbe alla grande distribuzione di commercializzare pane scongelato senza tutelare adeguatamente la produzione artigianale. Il presidente dei deputati di An, Ignazio La Russa, ne ha approfittato per portare in Aula il pane distribuito gratuitamente dai manifestanti. «I panificatori mi hanno pregato di distribuire qui il frutto del loro santo lavoro», ha detto il parlamentare.
In stato di agitazione anche gli avvocati che contestano alcune previsioni del decreto tra le quali l’abolizione delle tariffe minime e dei divieti di pubblicità e del patto di quota lite (la corresponsione al patrocinante di parte dei risarcimenti in caso di vittoria, ndr). Secondo le organizzazioni di categoria, questi provvedimenti minerebbero l’indipendenza dei professionisti. La Commissione di garanzia sugli scioperi, presieduta da Antonio Martone, ha tuttavia aperto un procedimento contro l’Organismo unitario dell’avvocatura e contro i farmacisti di Federfarma per l’astensione dalle udienze e per la serrata delle farmacie. Ma neanche un’eventuale sanzione potrebbe fermare la manifestazione degli ordini in calendario domani.


La palla passa ora alla Camera. La maggioranza intende blindare il decreto a Montecitorio per evitare una terza lettura al Senato che ne metterebbe a rischio la conversione a causa della chiusura estiva delle Camere.

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