Dunque il poliziotto inglese, per impedire il ripetersi di stragi terroristiche a Londra, ha ricevuto nuove drammatiche regole d'ingaggio: sparare per uccidere (pure ai sospetti). E perfino dopo l'uccisione del giovane brasiliano che non c'entrava nulla con i terroristi, resta l'ordine di «sparare alla testa».
I media italiani hanno soggezione per tutto ciò che è straniero (specie se è british e socialdemocratico) e nessuno - pure fra i guardiani del politically correct - si è stracciato le vesti, nessuno ha denunciato il ritorno del fascismo, la fine della legalità democratica, la barbarie. Sulla grande stampa si è visto solo un sommesso e signorile dibattito sui confini mobili della legalità e dei diritti: chi ha manifestato dissenso lo ha fatto rispettosamente. Come se avessimo a che fare con un'idea - per l'appunto - rispettabile.
Io non sono molto convinto di questa «rispettabile» idea britannica, ma penso che se fosse stata proposta la stessa cosa in Italia da Calderoli o da Borghezio più o meno si sarebbe scatenata la fine del mondo, una sarabanda di disgustate scomuniche. Come quando Pier Ferdinando Casini nel 2000 ipotizzò di fermare il traffico di «carne umana» nel canale d'Otranto sparando agli scafisti (gente talora capace - come si sa - di scaraventare in mare donne e bambini dopo averli derubati). Sparare è sempre terribile, ma - argomentava Casini - non si capisce perché la polizia può farlo per bloccare un'auto che non si ferma a un posto di blocco e non può farlo con degli scafisti che, dopo aver «depositato il carico» sulle nostre coste, scappano alla base per fare nuovo rifornimento di «merce umana» (del resto si può sparare anche senza uccidere).
Ci sono molti esempi di questo «doppiopesismo» delle idee. In Germania la Corte Costituzionale ha appena bocciato la legge applicativa sul mandato d'arresto europeo ritenendola «incompatibile con le garanzie individuali». La decisione è stata salutata - per esempio - dall'esponente dei Verdi tedeschi Hans-Christian Ströbele come «un grande successo per i diritti civili». Eppure chi in Italia si oppone al mandato d'arresto europeo (perlopiù i leghisti) da mesi viene bollato con parole di fuoco dal centrosinistra, come se nutrire dubbi su quella norma europea significasse quasi fare il gioco di criminali o terroristi. È falso e assurdo.
Non solo. L«illuminata» Francia, dopo la strage di Londra del 7 luglio, ha immediatamente sospeso l'applicazione degli accordi di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini in ambito Ue. L'idea è ripresa dalla Lega in Italia e subito si aprono le cateratte dell'indignazione generale. Ora, io non sono un simpatizzante della Lega e non sono d'accordo con diverse sue proposte. Però mi chiedo perché mai non si debbano discutere, ma solo e sempre scomunicare.
Dopo la strage dell'11 settembre 2001 a Berlusconi sfuggì una considerazione ovvia, secondo cui una civiltà che garantisce i diritti umani e religiosi, il benessere e la libertà, come quella occidentale, è superiore a una che neanche riconosce questi diritti. Non l'avesse mai fatto. Fu linciato e ne venne fuori perfino un incidente diplomatico.
Eppure solo cinque mesi prima, il 3 aprile 2001, Giuliano Amato - a quel tempo presidente del Consiglio in carica per il centrosinistra - aveva affermato la stessa identica cosa: «Io credo ai miei valori e non ritengo che tutte le diversità siano sullo stesso piano. Credo che ci siano diritti fondamentali della persona, che tutte le civiltà umane debbano riconoscere, e se non le riconoscono io affermo la superiorità della mia diversità su quella di chi non li riconosce».
Lui poteva dirlo. Gli altri no. È ciò che Paolo Mieli chiamava «il potere battesimale della sinistra», cioè la pretesa - imposta egemonicamente - di una delle parti in campo (cioè appunto la sinistra), di rilasciare certificati di legittimità che soli attestino la «rispettabilità» delle idee e delle persone. Ed è rispettabile solo chi sta dalla loro.
Per esempio nel libro di Giovanni Sartori, Pluralismo, multiculturalismo e estranei (Rizzoli) si legge: «Il multiculturalismo nega il pluralismo», «il progetto multiculturale è dirompente». E ancora: «La visione del mondo islamica è teocratica», «l'occidentale non vede l'islamico come un infedele. Ma per l'islamico l'occidentale lo è», «la cittadinanza concessa a immigrati inintegrabili non porta a integrazione ma a disintegrazione».
Espressioni che vengono ritenute rispettabili perché firmate dal professor Sartori, illustre editorialista progressista, ma inaccettabili se vengono pronunciate da altri. Come questa: «Una politica di immigrazione che fa di ogni erba un fascio, che non sa o non vuole distinguere tra le varie estraneità, è una politica sbagliata destinata a fallire». Sono parole di Sartori. Ma quando il cardinal Biffi fece una considerazione analoga si prese la sua parte di fulmini.
Anche opporsi all'approvazione della Carta Costituzionale europea è sempre stata ritenuta una bestemmia e come bestemmiatori sono stati considerati in Italia quelli che la avversano. Curiosamente, sono proprio i più laicisti che pretendono di sacralizzare degli atti politici del tutto discutibili come la Carta.
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