I maestri boicottano i nuovi test scolastici «Saranno puniti»

Oggi le verifiche obbligatorie volute dalla riforma Moratti per provare le conoscenze degli scolari di seconda e quarta della Primaria

Augusto Pozzoli

Sono obbligatori, ma qualcuno li boicotta. Sono i test per gli alunni delle seconde e quarte classi della scuola primaria per verificare il livello di preparazione raggiunta: nelle capacità di lettura, in aritmetica e in scienze. Le prove sono in programma questa mattina, ma alcuni insegnanti non vogliono effettuarli. E se qualcuno si rifiuterà sarà sottoposto a provvedimento disciplinare.
I test, infatti, sono al centro di una contestazione che nasce innanzitutto dai docenti che a Milano fanno riferimento a Retescuole, un movimento antiriforma Moratti, che trova anche l’appoggio della Cgil scuola e dei Cobas. C’è insomma il rischio concreto che in alcune scuole non si possa effettuare la verifica. Nonostante la stragrande maggioranza dei dirigenti scolastici (anche quelli che fanno riferimento alla stessa Cgil) non riconoscano ai contestatori la possibilità di sottrarsi a questo impegno. «Per noi – dice Vito Giacalone dell’Andis (Associazione nazionale dirigenti scolastici) – le prove Invalsi rappresentano per le scuole un obbligo. Quindi vanno effettuate». E chi le contesta, anche con il parere favorevole di alcuni sindacati? «Noi non dipendiamo dal sindacato – continua Giacalone –. E se qualche docente contesta le prove, noi le imponiamo con un ordine scritto. Dobbiamo farlo, per non incorrere a nostra volta in un atto illegale per omissioni in atto d’ufficio. A questo punto il docente deve ottemperare all’ordine, altrimenti va incontro a un procedimento disciplinare».
Proprio a Milano molti dirigenti scolastici che pur sono iscritti alla Cgil, hanno assunto analoga posizione perché, oltre a sottolineare il fatto che una valutazione nella scuola è necessaria, ritengono che questa non sia materia di competenza del sindacato.
La contestazione parte dal fatto che si ritiene che i test proposti siano inadeguati e che comunque spetti alle scuole nella loro autonomia decidere i criteri per verificare il lavoro degli alunni e, quindi, la validità dell’insegnamento. Già lo scorso anno si era verificata la stessa situazione, ma alla fine il direttore scolastico regionale Mario Dutto aveva dichiarato: «Le prove a Milano e Lombardia si sono svolte ovunque regolarmente». La contestazione era, insomma, fallita, ma quest’anno si ripropone ugualmente. Di fronte agli ordini di servizio dei dirigenti scolastici è in effetti difficile che gli insegnanti possano insistere nel rifiuto, ma questo non basta, perché i testi potrebbero essere in effetti somministrati ma poi la verifica vanificata. In alcune scuole milanesi, infatti, i docenti sarebbero intenzionati a invitare i loro alunni a rispondere ai quesiti proposti in maniera univoca. Un modo, insomma, per valutare tutti gli alunni sullo stesso piano, quindi non far emergere né situazioni di eccellenza né di insufficienza. Sarebbe in definitiva una non valutazione: alunni che risulterebbero tutti sullo stesso piano. Difficile prevedere se questa forma di contestazione potrà essere arginata.

Si sa che alcuni esperti dell’Invalsi saranno presenti nelle scuole il giorno della somministrazione delle prove anche con con il compito di accertare la regolarità dell’operazione. La verifica è gestita dall’Invalsi, l’agenzia nazionale cui spetta il compito di valutare i processi formativi della scuola italiana, ed è specificamente prevista da una direttiva del Miur.

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