I massacri dei narcos

Nelle ultime ore hanno scoperto delle fosse comuni con 177 corpi, in gran parte fatti a pezzi o decapitati. Dal dicembre 2006, quando è scoppiata la «guerra», le vittime sono state quasi 35mila fino a gennaio scorso. Il 3 marzo scontri e imboscate hanno provocato 24 morti in un solo giorno. Non stiamo parlando dell'Afghanistan, dell'Irak o del conflitto in Libia, ma del Messico dove il governo ha dichiarato guerra ai narcotrafficanti. L'ultima notizia dal fronte messicano è il ritrovamento di 177 corpi in alcune fosse comuni nello stato di Tamaulipas, a soli 160 chilometri dal confine con gli Stati Uniti. Le autorità giunte sul posto hanno dovuto farsi scortare dai marines messicani in assetto da combattimento. Questa fetta di paese, grande come la Repubblica Ceca, è teatro di una feroce guerra fra bande di narcos, che una volta erano alleate. Da una parte i Zetas, che è una gang formata negli anni novanta da soldati dei corpi speciali. Dall'altra i loro ex capi che fanno parte del cartello del Golfo (del Messico). Si contendono il contrabbando di tutte le droghe. Gli «eserciti» delle due bande rivali sono dotati di armi pesanti e usano tattiche di guerra contro la polizia e l'esercito.

Gran parte dei resti sepolti nelle fosse comuni appartengono, con tutta probabilità, a 122 passeggeri di un autobus fermato dai narcos, sequestrati e fatti sparire. Le bande, oltre alla droga, taglieggiano gli immigrati clandestini che dal Sud e Centro America sognano di raggiungere gli Stati Uniti. Li tengono in ostaggio per far pagare ai familiari un riscatto. L'anno scorso, a San Fernando, il cartello di Zetas rapì e massacrò 73 migranti. «Queste organizzazioni riscuotono le tasse al posto del governo e nelle zone come Tamaulipas controllano il territorio» spiega Alberto Islas, analista della sicurezza nella capitale messicana.

I numeri della «guerra» dei narcos sono impressionanti. A gennaio il bilancio era di 34.612 morti, da quando il presidente Felipe Calderon decise di muovere contro le bande nel dicembre 2006. Nel 2007 i morti sono diventati 2.826 e poi hanno cominciato a moltiplicarsi. Lo scorso anno si è arrivati a 15.273 vittime, quasi quattro volte la media afghana. In marzo si è raggiunto il picco quotidiano. Il 3 del mese sono stati accoppati in 24, quasi tutti nello stato di Guerrero, nella parte sud occidentale del paese. Solo ad Acapulco si sono contati 13 morti. I combattimenti avvengono in mezzo alla case e per strada. Alcune foto mostrano file di disgraziati fucilati in una vera e propria esecuzione di massa. Le colonne di poliziotti e militari finiscono in imboscate a colpi di bazooka. Gli ufficiali che non si fanno corrompere, se catturati, vengono spesso decapitati, con tanto di video di rivendicazione stile al Qaida.

Il governo replica che la «guerra» è concentrata solo nelle aree infiltrate dai cartelli. Per questo motivo i numero di omicidi per abitante non è così alto. Il 70% della mattanza è avvenuta in 85 comuni sui 2500 del Messico. Il problema è che negli stati del paese federale a rischio gli scontri hanno fatto terra bruciata peggio che nell'Irak di oggi. L'89% dei morti ammazzati fanno parte delle bande rivali, che si scannano come animali.

Per dare l'idea del conflitto le forze di sicurezza hanno sequestrato 100mila armi, compresi pezzi di grosso calibro e droga per un valore di 10 miliardi di dollari. Dei 37 capi dei cartelli ricercati sono stati catturati o uccisi 17.

La «guerra» ha provocato esodi forzati, come i 400 abitanti di Ciudad Mier, nel nord del Messico, fuggiti in massa davanti agli scontri. L'autostrada 101, che un tempo era sempre trafficata, ora è semideserta. Passa in mezzo al famigerato stato di Tamaulipas e arriva fino agli Usa. Chi osa percorrerla lo fa in convogli di auto difesa, come in Afghanistan, e a tavoletta.

Senza mai fermarsi ed evitando di viaggiare di notte per paura di venir sequestrati, come i disgraziati trovati nelle fosse comuni. Non a caso la 101 è stata soprannominata «la strada del diavolo».

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