Enrico Mentana cominciò a fare il giornalista entrando nella redazione della Gazzetta dello Sport come correttore di bozze. Oggi che i correttori sono spariti da quasi tutti i giornali e la caccia ai refusi è affidata a un algoritmo dei software di videoscrittura, il direttore del telegiornale di La7 dovrebbe cercare un altro portone d'ingresso. E se volesse fare ancora il giornalista sulle orme del padre Franco, grande inviato della Gazzetta, dovrebbe cercare altrove le competenze maturate leggendo e imparando dai pezzi altrui: «Il primo articolo che corressi era di mio padre. Non c'era neanche un errore», ha raccontato.
Senza quelli che oggi sono lavori ombra o cancellati dal progresso tecnologico, molti numeri uno non sarebbero quello che sono. Clemente Mimun, direttore del Tg5 dopo aver diretto Tg2, Tg1 e Rai Parlamento, iniziò la sua brillante carriera giornalistica come fattorino all'agenzia Asca di Roma. Michele Serra, corsivista di Repubblica, trovò il primo impiego all'Unità come dimafonista, il tecnico poligrafico che registrava e poi dattiloscriveva gli articoli dettati al telefono da collaboratori e inviati. Oggi computer e tablet sarebbero fatali anche per lui.
Amancio Ortega, il fondatore del marchio di abbigliamento Zara e uomo più ricco di Spagna (patrimonio di 80 miliardi di dollari secondo Forbes), mosse i primi passi nel business della moda a consegnare abiti come fattorino di una sartoria.
Anche l'iconico Ralph Lauren cominciò come commesso in un negozio di abiti della catena Brooks Brothers. E Ingvar Kamprad, l'ideatore dell'Ikea, aveva strutturato l'azienda nella vendita per corrispondenza: un settore oggi soppiantato dai siti di commercio elettronico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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