I nuovi ciclisti minoranza protetta e prepotente

È il momento di porre rimedio all'arroganza e alla maleducazione dei ciclisti milanesi. Saettano in spericolati slalom fra la gente sui marciapiedi di corso Buenos Aires. Tentano di battere il record del chilometro lanciato sull'isola pedonale da San Babila a Cairoli. Usano le strisce come se fossero dei pedoni - dei quali naturalmente non si curano. Considerano un diritto percorrere contromano i sensi unici, possibilmente al centro della carreggiata, e insultano l'automobilista che si azzarda a eccepire. Sulle strade a doppio senso di marcia, invece, pedalano regolarmente nella direzione opposta a quella della corsia che occupano. E guai a te se li inviti alla correttezza e alla disciplina: ti coprono di contumelie, dandoti come minimo dell'inquinatore se sei un automobilista. Già, perché il ciclista si sente della parte del bene e del giusto, circonfuso dell'aureola di ecologicamente corretto. Inoltre si considera membro di una minoranza debole, indifesa e non tutelata, condizione che conferisce sempre un particolare diritto alla trasgressione e all'aggressività nei confronti di chi non è dei loro; una sindrome da Pantere Nere degli anni '70, insomma. Sì, è vero: ogni tanto abbattono qualche pedone o costringono le auto a brusche frenate, provocando tamponamenti a catena. Ma che importa? La bici non ha targa e il pirata a due ruote se la può svignare senza rischi. Basta, bisogna fermarli. Anche perché il loro numero, a causa delle difficoltà del traffico automobilistico, cresce di giorno in giorno e così la loro arroganza e la loro maleducazione, rendendo i marciapiedi di Milano ormai più pericolosi della tangenziale Est.

Chiedere l'intervento dei ghisa? Ridicolo, visto che non riescono neppure a multare le auto in seconda e terza fila. Non resta, dunque, che protestare: se un ciclista vi sfiora sul marciapiede protestate, protestate con forza.

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