I "pistoleri" di serie B restano gli eroi della tv che non dorme

I film coi giustizieri made in Italy snobbati dalla critica dopo 40 anni sono il prezzemolo dei palinsesti notturni

I "pistoleri" di serie B restano gli eroi della tv che non dorme

Forse si vergognava, il grande Steno. Perché il primo poliziottesco della storia fu l’unico nella carriera che firmò col suo vero nome, per esteso: Stefano Vanzina. Un po’ come se in una locandina di Totò fosse apparso «Antonio de Curtis e Peppino De Filippo divisi a Berlino». Era il 1972 e quel La polizia ringrazia divenne l’inconsapevole capostipite di una serie infinita. Qualche titolo? La polizia chiede aiuto, La polizia sta a guardare, Un poliziotto scomodo. Un genere che oggi, a quarant’anni dalla nascita, trova ancora abbondante spazio in tv. Basta scorrere i programmi: la sera e la notte si riempiono di Milano violenta, Roma violenta, Napoli violenta. Un giro d’Italia al sangue che, almeno nei poco fantasiosi titoli, non prende mai in considerazione le città con meno di un milione di abitanti.

I poliziotteschi sono sempre stati sul gozzo alla critica. Primo, erano un po’ tirati via, quasi sempre con la fotocopiatrice; secondo, erano destrorsi, per non dire fascisti, come si diceva allora, o politicamente scorretti, come va di moda oggi. Nel senso che i metodi dei protagonisti, in divisa o anche senza, erano piuttosto sbrigativi. Con i pugni, nel migliore dei casi, o la pistola nelle emergenze, a sostituirsi a tribunale e galera. Terzo, il pubblico apprezzava, anzi, applaudiva, a scena spalancata, come nel celebre Il giustiziere della notte, del ’74, dove Charles Bronson, moglie uccisa e figlia stuprata, si vendica a modo suo.

Questo film, per la verità, è americano, ma rende l’idea del clima di allora. Quando il Corriere di Ottone il giorno dopo l’attentato a Montanelli, titolò, in prima pagina, ma bene in basso: «Attentato br a Milano, ferito un giornalista». Per impudenza varrebbe, all’indomani degli spari di Alì Agca, il titolo: «Attentato in piazza San Pietro, ferito un prete». La maggioranza silenziosa, ma non troppo, non ne poteva già più e i registi più attenti a fiutare il vento ci marciavano, uscendo con film tipo La polizia ha le mani legate, oppure La polizia incrimina, la legge assolve o, ancora più malizioso, La polizia è al servizio del cittadino?. Figurarsi i critici garantisti. Insomma, ovazioni in platea davanti al criminale bucherellato, e denti digrignanti in redazione. In certe redazioni, beninteso. Indovinare quali.
Oddio, queste pellicole non sono capolavori, né hanno la pretesa di esserlo, ma hanno un ritmo infernale e non si perdono in chiacchiere.

Meglio far cantare le pistole, secondo l’antica teoria cara a John Wayne. Un altro fascista. Ma anche al Clint Eastwood prima maniera (o seconda, se gli si mette il poncho di Sergio Leone), puntualmente sul libro nero nei panni del poco ciarliero ispettore Callaghan il quale, un po’ come il recidivo collega da Carosello Rock, ha commesso un solo errore: ha sparato senza aspettare il processo. Eh sì, i protagonisti dei poliziotteschi sono per la maggior parte vendicatori, solitari o in cooperativa. Importante, anzi indispensabile, che il cattivo di corvée si sia macchiato di un crimine orrendo, di quelli che fanno subito invocare la pena di morte.

Gli autori, da Enzo G. Castellari a Damiano Damiani, da Fernando Di Leo a Umberto Lenzi, da Sergio Martino a Stelvio Massi, hanno poi gioco facile a far suonare, con quelle dell’indignazione popolare, le sirene delle madame color verde militare, inutilmente lanciate all’inseguimento. Prima che si presenti a tutto schermo Luc Merenda piuttosto che Fabio Testi o l’indiscutibile numero uno della scuderia «vado, l’uccido e torno», Maurizio Merli. Fulminato da un infarto a quarantanove anni, mentre giocava a tennis. Una tragica beffa per chi aveva steso dei superduri come Richard Conte, Jack Palance e Henry Silva.

Resta un dubbio.

Si possono considerare poliziotteschi a tutti gli effetti il Monnezza di Tomas Milian e il Piedone di Bud Spencer? Occhio a non allargare troppo il club. Altrimenti bisogna far posto anche a La poliziotta fa carriera con la Fenech e al Giustiziere di mezzogiorno con Franco Franchi. E non sarebbe più una cosa seria.

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