I pm di Napoli scrivono ai colleghi:

Gian Marco Chiocci

Massimo Malpica

Avanti con Roma. Il Global service sulla manutenzione stradale a Napoli, pur mai finanziato, ha portato all’arresto di 13 persone. Ma nella capitale il maxiappalto in epoca Veltroni, che riguardava 800 chilometri di strade per 576 milioni di euro di valore «spalmati» su nove anni era invece stato assegnato. L’Ati vincitrice, la Romeo Gestioni, era piena di nomi eccellenti: proprio l’impresa del noto Alfredo Romeo come capogruppo, poi la Vianini e il consorzio Strade sicure. Se ne sono accorti anche i magistrati napoletani, indicando tra i motivi dell’avviso di garanzia al parlamentare del Pd Renzo Lusetti il tentativo di sovvertire, su imbeccata dello stesso Romeo, la sentenza con cui il Tar del Lazio aveva revocato l’assegnazione dell’appalto al consorzio che faceva capo all’imprenditore campano.
Ora la Dda di Napoli – per come si legge dalle carte - ha spedito tutto alla procura di Roma. La vicenda su cui i pm napoletani hanno sollecitato i colleghi della capitale riguarda una serie di telefonate tra Romeo e Lusetti. Siamo tra primavera ed estate del 2007. «In un periodo – scrivono gli inquirenti - in cui gli organi di giustizia amministrativa dovevano decidere la controversia tra Romeo Gestioni, aggiudicataria del milionario appalto Global service per la gestione dei servizi integrati del patrimonio stradale del comune di Roma, e la Manital, società soccombente e ricorrente».
«Qui traspare – si legge ancora - l’interesse che Romeo manifesta rispetto a una prossima decisione giurisdizionale (che rappresenta per Romeo «una questione di vita o di morte») che il Consiglio di Stato deve adottare, riferendo all’interlocutore il nominativo di uno dei componenti del collegio (il consigliere di Stato Paolo Troiano, componente tra l’altro del segretariato generale della giustizia amministrativa)». E ancora, proseguono le toghe partenopee, «si è già detto, e lo si ribadisce per meglio comprendere il tenore dell’intercettazione, che il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso della Manital, aveva annullato i provvedimenti comunali di aggiudicazione alla Romeo e alle imprese a essa associate del remunerativo appalto avente a oggetto la gestione del patrimonio stradale del comune». Ed è sempre la procura napoletana che osserva come «il consiglio di Stato con sentenza 36 del 15/1/2008 ha sovvertito totalmente in senso favorevole alla Romeo gestione la precedente decisione». Le conclusioni della procura di Napoli sono inquietanti: «È inutile indugiare sui sospetti che induce siffatta decisione, se letta alla luce di tale conversazione, atteso peraltro che anche per questa specifica vicenda sono stati inviati gli atti alla procura di Roma».
Non è dato sapere che uso i magistrati di piazzale Clodio abbiano fatto, o stiano facendo, delle carte ricevute dai colleghi napoletani, e se abbiano o meno cercato di capire se quanto detto tra Romeo e Lusetti in quelle telefonate intercettate abbia o no influenzato la sentenza del Consiglio di Stato che «riassegnò» alla Romeo Gestioni il maxiappalto romano. Per capire meglio, ecco il contenuto della prima intercettazione sul tema.
Romeo: «No, volevo sapere di quella cosa di quello lì, Troiano, che cosa ti aveva detto, se ci avevi parlato».
Lusetti: «Quale Troiano?».
Romeo: «Quello della giustizia amministrativa».
Lusetti: «No, però domani c’ho un incontro operativo alle otto direttamente con il grande capo e parliamo di tutto, capito?».
Romeo: «Ah, con il grande capo?».
Lusetti: «Esatto, c’è anche Troiano, su tutto».
Romeo: «Perché se chiama il grande capo mi si risolve il problema (...) ma lui la farebbe per me questa cosa?».
Lusetti: «Certo che la farebbe».
Romeo: «Perché sai è una questione di vita o di morte».
Gli inquirenti napoletani annotano come sia «verosimile ritenere che il grande capo di cui discutono gli interlocutori sia l’allora onorevole e ministro Francesco Rutelli».
Ma al di là delle nubi giudiziarie sul Campidoglio, quello che la giunta di Walter Veltroni annunciava come la soluzione alle strade-gruviera della capitale si è rivelato praticamente da subito un gran pasticcio. Tanto che, con eccellente tempismo, lo scorso 5 novembre la giunta Alemanno ha deciso di revocare l’affidamento della manutenzione a Romeo gestioni per «inadempienza». Meno tempisti gli esponenti capitolini del Pd che, a caldo, criticarono la decisione definendola «un nuovo passo indietro» e accusando il sindaco di «smantellare l’eredità della precedente amministrazione».
Di certo, quell’eredità, ossia il «Global service all’amatriciana», non era priva di sorprese. A cominciare da un semplice ma agghiacciante calcolo contabile, rimarcato in uno studio del Sole24Ore: dividendo i 64 milioni di stanziamento annuale per i chilometri della grande viabilità, si scopre che Roma pagava la manutenzione di ogni chilometro di strada 80mila euro l’anno. Sembra tanto? È troppo. Bologna, per fare un esempio, spende 14 volte meno, solo 5.500 euro l’anno per la manutenzione di un chilometro d’asfalto urbano, e la dimensione della sua rete di strade è praticamente identica (770 chilometri) a quella capitolina. E anche a Firenze ci si ferma a 9.250 euro a chilometro. Considerando le condizioni delle strade romane e le famigerate buche all’ombra del Colosseo, il dettaglio ha il sapore della beffa.
D’altra parte il maxiappalto veltroniano venne da subito osteggiato dall’opposizione di centrodestra: a gennaio del 2007 gli allora europarlamentari di Fi Antonio Tajani e Alfredo Antoniozzi presentarono un’interrogazione alla Commissione europea, segnalando tra le anomalie della «grande viabilità» il fatto che il Campidoglio avesse cercato di farlo passare come «concessione di servizi» e non come appalto di lavori, nonostante il valore dei servizi fosse decisamente minoritario. La Commissione sostanzialmente diede giuridicamente ragione ai due esponenti azzurri e avviò una procedura di infrazione, chiusa dopo circa 9 mesi con l’audizione di una delegazione del Campidoglio che assicurò che avrebbe provveduto a correggere il bando. «Ci sono aspetti giuridici e aspetti occupazionali che ci spingono a bocciare un bando – denunciò Antoniozzi - che la giunta Veltroni vuol far valere per nove anni e tre legislature, in barba a qualsiasi trasparenza amministrativa e politica». E pochi giorni prima che Alemanno chiudesse la storia revocando il bando per inadempienza dopo la penultima ondata di maltempo, anche il Sindacato imprese appaltatrici lavori pubblici aveva invitato a una nuova riflessione sul Global service romano, presentando un dossier denso di accuse sui punti meno chiari della vicenda.
Ricordando per esempio proprio quel ricorso al Tar della Manital di cui parlavano Romeo e Lusetti.

E rimarcando come la società esclusa avesse sottolineato il conflitto di interessi di Romeo gestioni, visto che tra i consiglieri di Risorse per Roma, società controllata dal Campidoglio che preparò il bando e collaborò alla valutazione dei concorrenti, c’era Luigi Bardelli, già presidente del «consorzio Strade sicure», che aveva partecipato alla gara proprio nel consorzio vincente. «Anche con il supporto di giurisprudenza consolidata – spiega il dossier – sembra ovvio che questa situazione è inaccettabile per evidente conflitto di interessi (...) ed è, senz’altro, motivo di esclusione».

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