Ma i rinforzi ancora non bastano: troppo pochi i reparti operativi

L’ex capo di Stato Maggiore Fraticelli: «Il doppio comando può andar bene in una scuola guida, non in ambito militare»

Andrea Nativi

Unifil 2 si farà e raggiungere la soglia prevista dall'Onu, 15.000 uomini, diventa meno difficile dopo che l'Unione Europea, nel summit dei ministri degli Esteri di ieri, ha trovato la coesione per sottoscrivere circa metà del contingente, 7.000 uomini. Con buona pace del presidente francese Jacques Chirac che ha pubblicamente criticato la scelta di puntare su una forza di 15.000 soldati, sostenendo che ne sarebbero bastati meno della metà.
In realtà la soglia decisa dall'Onu è quella minima per avere un minimo di credibilità e capacità operativa. Già in passato Unifil 1 è arrivata a contare circa 5.000 soldati, ma il suo peso militare e strategico è stato nullo, anche se il mandato era diverso. Oggi, con la risoluzione 1701 e le note interpretative emanate su catena di comando, scopo e regole di ingaggio, occorre mettere in campo una forza ben più consistente, considerando poi che un’aliquota significativa di personale è impiegato in unità logistiche, di comando e supporto: le pedine di manovra, quelle davvero impegnate sul campo, sono poche e considerando i turni di servizio anche con un totale di 15.000 uomini la presenza effettiva di caschi blu in pattugliamento e nei posti di osservazione non sarà molto significativa. Non a caso Israele voleva impiegare in Libano circa 30.000 soldati. Sommando le truppe libanesi e i caschi blu si arriva a questo totale, ma va tenuto conto che l'efficacia operativa dei soldati di Tsahal è ben superiore.
A stemperare le polemiche è stato proprio il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, che ha parlato di un contributo europeo di 6.500-7.000 soldati, senza pronunciarsi sulla consistenza finale dell'Unifil e rettificando quindi un poco l'uscita del suo presidente.
È stato risolto anche il nodo del comando della missione: comincia la Francia, anche perché c'è già un generale francese al comando dell'Unifil e avrebbe poco senso sostituirlo, l'Italia subentrerà da febbraio 2007.
Non c'è quindi nessun «doppio comando», al quale aveva fatto cenno il ministro della Difesa italiano, Parisi. È stato invece deciso di aggiungere una scrivania a New York, presso il dipartimento Onu per le operazioni di peacekeeping, il Dpko, dove andrà un generale italiano, con un ruolo di superconsulente. Quando l'Italia assumerà il comando di Unifil questo incarico andrà ad un francese. Una poltrona non si nega a nessuno, specie se è disposto a mandare migliaia di soldati. Ma il comando militare, grazie al cielo, resta unico.
Il concetto è stato bene illustrato dall'ex capo di stato maggiore del nostro esercito, Giulio Fraticelli, secondo il quale «il doppio comando va bene per la scuola guida, non in ambito militare. Il comando di una missione è unico e operativamente lo esercita chi è sul terreno».
Con l'impegno dell'Italia a fornire fino a 3.000 soldati, quello della Francia per 2.000, la scelta spagnola di impegnare fino a 1.200 militari, la disponibilità del Belgio per un battaglione che potrebbe raggiungere 400 uomini il nocciolo duro dell'Unifil è formato ed è credibile. Altri Paesi europei (Polonia, Finlandia, forse Portogallo e Ungheria) invieranno un altro migliaio di militari.
A questo punto sarà più facile trovare altre nazioni volonterose in giro per il mondo: Kofi Annan ha parlato di Indonesia, Malesia e Bangladesh che potrebbero fornire altri 4.

000 soldati, ma Israele giustamente non gradisce. Più gradito un contributo della Turchia e magari 1.000 soldati nepalesi, cugini dei Gurkha britannici. Gente seria, che potrebbe rivelarsi preziosa, vista la pericolosità della missione.

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