I romani hanno paura ma solo sette "volanti" controllano le strade

Alla polizia mancano soldi e uomini. E la città - dopo stupri, violenze, caos rom e ultrà - si scopre indifesa

I romani hanno paura ma solo sette "volanti" controllano le strade

Roma - «Attentaaa!» grida una mamma terrorizzata alla figlioletta che le è sfuggita di mano per correre ad una bancarella di cianfrusaglie. È un urlo disperato, agghiacciante per i passanti, stupiti perché la bimba sgambetta sul marciapiede senza alcun pericolo. Ma la madre è una furia, con un balzo raggiunge la cucciola e se la stringe al petto, fulminando con gli occhi sbarrati due giovanotti che corrono, seri in viso. Giubbotti indefiniti. Potrebbero essere romeni, è vero, oppure ultras. Ma non s’accorgono nemmeno della mamma che protegge la bimba, le scansano educatamente e proseguono la corsa. Probabilmente i due sono in ritardo. Non c’è nessuno infatti che li insegue, né tanto meno una divisa che li attira.
Ore 9 di ieri, viale Regina Margherita, questo è il trailer di Roma dopo una notte di fiamme e violenza che ha sconvolto mezza città, da Prati a Ponte Milvio sino al Flaminio. Una notte dopo settimane d’inferno e di sangue. La povera Giovanna Reggiani, stuprata e ammazzata a Tor di Quinto. E prima quell’ignaro ciclista, Luigi Moriccioli, bastonato a morte e rapinato per 5 euro lungo il Tevere a Tor di Valle. E Vanessa Russo, uccisa in metropolitana con la punta di un ombrello nell’occhio. E i tre dell’arancia meccanica, specializzati in assalto alle coppiette che s’appartano a Tor Vergata, botte e ossa spezzate per lui, violenza sessuale per lei.
Una catena insopportabile di dolore, violenza, cattiveria. Sfociata, poco prima di questa assurda domenica «sportiva», nelle fiamme appiccate alle baracche di Ponte Mammolo da un gruppo di «bravi cittadini» e nell’assalto xenofobo ai campi rom. S’è scatenata la caccia al romeno, sotto gli occhi allibiti e spaventati di una città che nella storia ne ha viste di cotte e di crude ma è sempre rimasta buona e pacioccona. Fino all’altra notte, quando ha visto la caccia al poliziotto. Che è successo a Roma? Chi sta guastando l’anima della città eterna?
Ma finalmente, all’alba, l’ordine regnava a Roma. Come a Varsavia spianata dai russi nel 1831. Come a Budapest l’anno scorso, sconvolta dalle manifestazioni contro il governo postcomunista che sfacciatamente s’era appropriato della Rivoluzione del 1956 repressa proprio dai comunisti. E come nella Roma di decenni fa, quei leoni ormai dimenticati della guerriglia urbana del ’68 e poi del ’77. Come un incubo di Stephen King, il film mostruoso e allucinante è riemerso dopo trent’anni, ciliegina putrida su una torta di piombo che appesantiva le sponde ormai dall’estate. Un film grottesco, a parti invariate e invitante al ghigno disperato, perché chi dal balcone di casa e chi dalla finestra del televisore vedeva i gipponi di polizia fuggire inseguiti da una ventina di scalmanati, invece degli arresti e delle cariche di polizia assisteva all’assalto delle caserme da parte degli ultras. Ragazzi è finita, ve lo dice un cronista di lungo corso, qui s’è stravolto il mondo.
Ed era un’alba livida, quella sorta ieri su Roma. Credete che il terrore immotivato di quella madre alla vista dell’«altro», chiamala psicosi se vuoi, sia una reazione isolata, estrema e poco indicativa? Non sapete quanti anziani domenica sera, anche al Tiburtino o all’Eur, hanno avuto paura di portar fuori il cane e gliel’hanno fatta fare nel pianerottolo, su un vecchio giornale. Per quello che c’è scritto, direte voi... E quanti ragazzetti sfrontati ancora inveiscono contro «quel romeno di un poliziotto» che ha sparato a Badia Alpino. Roma ieri s’è svegliata affranta, attonita, muta, instupidita. Tanti genitori han preferito non mandare a scuola i ragazzi, non si sa mai: laziali e romanisti affollano anche i licei, non solo le borgate. Nei supermercati, ne abbiamo visitati una decina, la clientela appariva dimezzata, anche i carrelli scivolavano lenti e silenziosi. Nei bar, cappuccini veloci e senza chiacchiere del buon mattino. Giù nelle viscere della città, sui vagoni della metro, ognuno guatava il vicino con sospetto, tutti zitti col viso affondato nelle pagine della free press. Nemmeno a pagarlo oro ieri, un ambulante saliescendi col violino.
Roma era affidata a se stessa, anche lo Stato s’è rintanato pur essendo finita la guerra. Non si vedeva un poliziotto di quartiere, le sirene che ululavano erano soltanto quelle delle ambulanze, rarefatte le pattuglie di polizia, carabinieri e fiamme gialle. Le forze dell’ordine consegnate in caserma o in ufficio, pure i vigili urbani son scomparsi, tanto a piedi in coppia quanto su quattro ruote. È certo, quella di ieri negli annali del Campidoglio sarà ricordata come la giornata di multe sotto zero.
Ma perché meravigliarsi del day after, quando si scopre che gli unici quattro arrestati la sera prima lo devono alla sfiga? Non hanno fatto in tempo ad uscire dal cortile della caserma del Reparto Volanti, che avevano assaltato con altri, prima che il cancello venisse alzato. Sapete quante volanti di Ps presidiavano l’intera città, quattro milioni di abitanti, nel turno dalle 13 alle 19? Sette in tutto. E nel turno successivo, quando gli scontri divampavano già da un’ora, col terzo turno son riusciti a metterne in campo soltanto tre in più. Perché? Perché manca il personale, perché il governo ha tagliato i fondi, perché bisogna risparmiare sulla benzina, denuncia il sindacato di polizia Consap.
Altro che l’8 settembre, se persino il gippone della Penitenziaria di guardia sotto casa Mastella, sul lungotevere, s’è ritirato per non correr rischi e i due agenti si son rintanati nell’androne.

Per non dire della «prudenza» comunale, che a sera ha spedito un «fax urgentissimo» a tutti i gruppi di polizia urbana, ordinando di «limitare gli interventi esterni ai soli servizi di infortunistica o di estrema necessità», ed anche in questi casi «adottando tutte le possibili cautele».

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