I terroristi talebani assassini per 10 dollari

Usano il burqa per mimetizzarsi, imbottiscono auto e manichini di esplosivo, nascondono bombe ai lati delle strade. La polemica sui Lince: anche un tank sarebbe stato distrutto

I terroristi talebani 
assassini per 10 dollari

Terroristi suicidi che usano il burqa per mimetizzarsi, ex prigionieri di Guantanamo tornati alla guerra santa e dieci dollari al giorno se va bene. Questa è la galassia talebana, che secondo le stime più prudenti conta su cinquemila uomini, ma nei momenti di maggiore mobilitazione anche 12mila. I kamikaze stanno affinando le tattiche per far male ai «crociati», come chiamano le truppe della Nato in Afghanistan.

Il 3 luglio nei pressi di Shindad, nella parte occidentale del Paese, un terrorista vestito di bianco ha accostato la colonna italiana. Era al volante di un minivan colmo di sacchi bianchi: sembravano di farina. I parà della 4° compagnia Falchi si sono insospettiti vedendo l’afghano in bianco, simbolo di purezza e martirio in nome di Allah. Il blindato Lince ha allargato per allontanarsi dal minivan, che è saltato in aria. Il mezzo italiano si è capovolto strisciando sull’asfalto, ma i tre ragazzi all’interno sono sopravissuti.

I terroristi studiano sempre nuove tecniche. L’ultima segnalata dall’intelligence è quella dei manichini. Il kamikaze si carica in macchina uno o più manichini e li copre con burqa da donna. I soldati italiani che lo incrociano pensano a un’innocua famiglia. I terroristi hanno anche provato a gettarsi dalla finestra che dava sulla strada dove stava passando un convoglio. Il kamikaze volante non ha calcolato bene i tempi ed è esploso a mezz’aria senza provocare danni devastanti. Ma gran parte delle vittime sono solitamente i civili afghani, che passano per caso al momento dell’attentato. Molti kamikaze arrivano dal vicino Pakistan, dove sono addestrati a morire nelle aree tribali a ridosso del confine afghano. Alcuni si immolano perché rincorrono la morte «santa». Altri lo fanno allettati dalla ricompensa di qualche migliaio di dollari, che servirà da pensione per la famiglia. Ci sono stati casi di afghani menomati dalle mine o malati terminali che, essendo condannati ad una vita grama, si sono fatti saltare in aria per un pugno di banconote.

La struttura di comando dei talebani è frastagliata e divisa. I capi locali, legati alle tribù del posto, agiscono spesso di testa loro, anche se formalmente dipendono dalla shura di Quetta: una specie di consiglio di guerra dei boss talebani che hanno trovato rifugio nel capoluogo pachistano del Baluchistan. La shura è guidata da mullah Mohammed Omar, il guercio fondatore dei talebani ricercato numero due dopo Osama bin Laden. Altri comandanti della shura sono mullah Barader e mullah Akhund, che ricoprivano posizioni di rilievo nell’Emirato talebano al potere in Afghanistan fino al 2001.
Oltre al nucleo originario degli studenti guerrieri, diversi tagliagole in armi rispondono all’Hezb i Islami, partito armato di Gulbuddin Hekmatyar, uno dei più longevi signori della guerra afghani. Invece i volontari arabi, ceceni, pachistani, uzbechi di Al Qaida sono i combattenti più duri. Nella provincia di Farah, la più meridionale sotto controllo italiano, sono segnalate diverse cellule di volontari stranieri della guerra santa internazionale. Il comandante più influente dell’area è mullah Sultan, un ex prigioniero di Guantanamo. Una volta tornato nella sua roccaforte di Shewan ha ricominciato a incitare alla guerra santa affidando al figlio il comando degli insorti sul terreno. Il grande villaggio di Shewan è diventato un gigantesco bunker con postazioni fra le case rafforzate da sacchetti di sabbia e trincee. Oltre a cunicoli che permettono ai talebani di spostarsi da una parte all’altra del villaggio o dileguarsi. Ogni volta che i parà del 187° reggimento Folgore passano dalle parti di Shewan salta una trappola esplosiva o scoppia un conflitto a fuoco.

Sul fronte a Nord di Herat, nella base di Bala Murghab, è capitato che uno dei capi talebani nell’area chiamasse al telefono gli italiani sfidandoli in campo aperto. Poi non si faceva mai vedere. L’incubo maggiore dei nostri parà sono le trappole esplosive nascoste al bordo della strada, in gergo Ied. Dallo scorso anno gli attacchi sono quasi raddoppiati nelle zone italiane.

Il 70% degli insorti è composto da reclute pagate dai cinque ai dieci dollari al giorno. In molti casi il doppio dei poliziotti afghani. La manovalanza talebana è composta soprattutto da giovani disoccupati pashtun, l’etnia maggioritaria in Afghanistan.
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