I vescovi dettano le regole a Bertinotti: «Attento ai pizzini, serve trasparenza»

Paolo Bracalini

da Milano

Una personalità della società civile per il Colle, al di fuori delle logiche di partito. Il quotidiano dei vescovi Avvenire torna all’attacco stroncando il «diktat diessino» su Massimo D’Alema al Quirinale. L’identikit della figura gradita alla Cei per la guida dello Stato è la negazione in termini del leader Ds. «Un presidente che non sia espressione della sola maggioranza ma venga eletto attraverso un consenso ampio e diffuso. Una personalità in cui si possa riconoscere non solo la politica ma il Paese intero». Due editoriali e una pagina intera con le posizioni delle associazioni cattoliche, Acli, Compagnia delle opere, Azione Cattolica, Fuci, tutte allineate sul no all’ipotesi di un D’Alema al Quirinale e sulla necessità di un accordo trasversale in Parlamento.
Il presidente della Acli Andrea Oliviero chiede «una persona garante per tutti, eletto con un percorso di larghe intese». Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione Sussidiarietà auspica una figura «fuori dai giochi di Palazzo, super partes, anche defilata dal quadro politico ma che permetta di uscire dai bizantinismi». L’ideale sarebbe insomma Ciampi, e in mancanza del bis ci si appella almeno ad un «metodo Ciampi», un elezione con una vasta base che lasci nel cassetto il manuale Cencelli. «Anche se - ammonisce Avvenire - l’ammirato metodo Ciampi funziona solo se in lizza c’è un Ciampi: cioè una figura autorevole di terzietà non improvvisata. Ma i talent scout latitano».
Ai dubbi sul metodo si aggiungono i sospetti sui «pizzini». In una breve nota il quotidiano della Cei di Camillo Ruini parla dei «possibili giochi bell’urna» per rendere riconoscibile e controllabile il voto dei partiti su un eventuale candidato «di forza» dell’Unione. «Vogliamo sperare che Bertinotti dia prova di trasparenza e disponga modalità univoche per il voto».
Già nei giorni scorsi il quotidiano dei vescovi aveva preso una posizione netta contro la candidatura di D’Alema per la presidenza della Repubblica, invitando a guardare «oltre la schiera dei capipartito» per la rosa di nomi. «Non è pensabile che uno schieramento che raccoglie a malapena la metà del Paese prenda il possesso di tutte le tre massime cariche dello stato». Un nome era stato anche anche «azzardato» dal giornale diretto da Dino Boffo (che qualche tempo fa indicava Amato come papabile per il Colle): l’ex commissario europeo Mario Monti. Un «tecnico» che eviterebbe ai cattolici della Margherita di rimanere «con il cerino acceso in mano» dopo il diktat dei Ds, come si legge nell’editoriale di Sergio Soave.


Insomma, «avanti piano con giudizio», immagine manzoniana evocata dall’Osservatore Romano, che ieri, dopo essersi augurata un ripensamento di Ciampi, si limitava a registrare le «sempre più evidenti perplessità anche all’interno del centrosinistra sul nome di D’Alema».

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