«I veti dei sindacati penalizzeranno i lavoratori autonomi»

Antonio Signorini

da Roma

I sindacati «sfiduciano» il governo. Ma i loro «no» faranno breccia e nella Finanziaria troveranno posto aumenti delle tasse e penalizzazioni per i lavoratori autonomi. Poche novità positive anche dalla nuova «politica dei redditi», annunciata da Tommaso Padoa-Schioppa e accettata da Cgil, Cisl e Uil: finirà per riproporre la vecchia «moderazione salariale» e non darà le risposte che servono a rilanciare la competitività del Paese. L’ex sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi si fa poche illusioni sull’esito del confronto tra l’esecutivo e le parti sociali. E ridimensiona anche la mini apertura dei sindacati alla riforma della contrattazione che si vorrebbe favorire attraverso parte del taglio al cuneo fiscale. Sarebbe molto meglio - spiega il senatore di Forza Italia ispirandosi a quanto già avviene nel suo Nord Est - puntare su «robusti premi» dati ai singoli o a gruppi di lavoratori e ancorati alla produttività. Premi che andrebbero defiscalizzati.
Governo e sindacati troveranno un’intesa?
«Troveranno un compromesso basato sui “no”. I sindacati concedono al governo di agire esclusivamente attraverso la politica fiscale».
Che i sindacati pongano dei veti non è un’anomalia. Lo fecero anche con voi...
«La differenza è che questo governo ha in qualche modo incoraggiato questa situazione, quando ha riproposto la vecchia concertazione, dove il tavolo privilegiato era quello con Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. Dove il massimo di consenso che si raggiunge è sul fregare chi sta fuori da quel tavolo. E la dimostrazione di quello che dico è l’aumento delle aliquote contributive per gli autonomi e la stretta sugli studi di settore. Il governo ha confermato di avere una visione vecchia, sovietica, l’illusione di potere semplificare la rappresentanza della nostra società, sempre più complessa, limitando il confronto a Confindustria e ai sindacati confederali».
Con il documento unitario presentato ieri i sindacati hanno di fatto accettato la politica dei redditi proposta dal governo. È l’inizio di una nuova fase?
«Nella proposta che Tommaso Padoa-Schioppa ha fatto alle parti sociali c’è un che di antico; un ciampismo d’antan: la cosiddetta moderazione salariale ovvero la crescita piatta e moderata delle retribuzioni, che da un lato è una pia illusione, come hanno dimostrato i recenti esiti delle contrattazioni. E dall’altro non soddisfa né i lavoratori né le imprese».
L’alternativa quale dovrebbe essere?
«Un sistema di relazioni che corrisponda alle logiche dell’economia post industriale, nella quale la tutela del lavoratore non si risolve con risposte uguali per tutti».
Quindi la contrattazione di secondo livello?
«Il tema che sta emergendo è quello di un passaggio abbastanza drastico a un sistema di robusti premi individuali o destinati a gruppi di lavoratori che condividono con l’impresa obiettivi, risultati e premi, ovviamente in proporzione a questi risultati. Premi da distribuire anche in soluzioni uniche annuali e collegati al bilancio delle aziende. È un sistema di remunerazione che è già molto utilizzato nelle aziende del Nord Est e che meriterebbe una forte defiscalizzazione».
Nel documento unitario dei sindacati c’è invece una sorta di apertura alla riforma contrattuale a favore del secondo livello, magari utilizzando parte del cuneo fiscale. Questa potrebbe essere un’alternativa valida?
«Quelle sulla produttività o sono terapie shock o non funzionano.

Distribuire il taglio del cuneo fiscale tra imprese e lavoratori e magari lasciare un pezzettino alla contrattazione di secondo livello non serve a niente. Delle soluzioni pasticciate e compromissorie, in primo luogo tra sindacati e poi tra sindacati e Confindustria, non genereranno mai la spinta che serve al Paese».

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