Imprenditori preoccupati dai primi 100 giorni del Prof

Stefano Filippi

nostro inviato a Cernobbio (Como)

Preoccupati. Incerti. E anche un tantino sconcertati. Gli imprenditori riuniti al Workshop Ambrosetti di Cernobbio aspettano quasi con ansia domani mattina, quando verranno Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa a spiegare le linee-guida della finanziaria a una platea che non è ancora riuscita a capire le idee del governo. «I segnali che arrivano sono contraddittori - sintetizza Ettore Riello, numero uno dell'omonima industria di bruciatori -. Parlano di liberalizzazioni e nello stesso decreto introducono nuovi vincoli: tasse, fideiussioni, obbligo di pagare in assegni. Annunciano il taglio del costo del lavoro e non si capisce come lo attueranno. Dicevano che le finanze pubbliche erano allo sfascio e adesso con i maggiori introiti fiscali ereditati da Berlusconi pagano la missione in Libano e attenuano la finanziaria. Doveva essere il governo della serietà, ma i primi 100 giorni sono scaduti e di serietà non ne ho vista molta».
Riello è di Legnago, nel cuore del Lombardo-Veneto ribollente da mesi. Anche il trevigiano Mario Moretti Polegato, ideatore delle scarpe Geox e tra i probiviri di Confindustria, fatica a cogliere un filo unico nell'atteggiamento del governo verso gli imprenditori: «Le riforme sono state annunciate ma non sappiamo come verranno attuate. Il problema è che l'economia non aspetta, ci travolge. Quello che chiediamo a Prodi è che faccia presto, decida a fare scelte anche impopolari per evitare che gli industriali si sentano soli. Le liberalizzazioni sono un buon primo passo, vanno nel senso del capitalismo moderno, ma il governo deve fare qualcosa di più per le imprese: premiare chi esporta e puntare tutto sulla ricerca e l'innovazione. La ripresa c'è ma non generalizzata: riguarda solo le aziende che hanno investito e fatto progetti».
«A questo esecutivo chiediamo una cosa innanzitutto, e non solo noi nel Nordest - incalza Enrico Marchi, presidente della società aeroportuale di Venezia, terza in Italia dopo Roma e Milano -: la certezza del diritto. Lo dico da imprenditore dei servizi e non manifatturiero. Vogliamo normative che ci consentano di competere. Per esempio, se venissero davvero varati gli annunciati decreti di sistema per gli aeroporti, sarebbe un colpo durissimo per noi e un regalo alla concorrenza straniera. Una delle esigenze dell'Italia è accrescere il peso dell'economia dei servizi, non possiamo soltanto piangerci addosso perché arrivano i cinesi».
Un no ai tagli sic et simpliciter arriva da Sergio Dompè, presidente di Farmindustria: «Nei prossimi anni le industrie investiranno tre miliardi di euro nella farmaceutica, non possiamo deprimere questo settore». Dompè si dice «favorevole a un minimo ticket su tutto il sistema sanitario, inclusi il pronto soccorso e le indagini diagnostiche. La sanità dev'essere considerata un'area di sviluppo per il Paese».
Di rigore parla Alberto Bombassei, vicepresidente di Confindustria: «Quello sulla finanziaria dev'essere un giudizio sulla qualità. La quantità importa meno, 30 o 35 miliardi di euro cambia relativamente. Speriamo che sia applicato il rigore cui tutti si sono richiamati». Sul quale, come ricorda l'eurocommissario Franco Frattini, è dubbioso anche il collega Almunia, «perplesso» per gli alleggerimenti eccessivi invocati da alcuni gruppi della maggioranza. E rigore invoca anche Francesco Casoli, presidente di Elica, società leader nella fabbricazione di cappe per cucine prossima alla quotazione in Borsa: «Non vorrei che la riduzione della finanziaria di cinque miliardi di euro sia sintomo di debolezza.

Come imprenditori rimaniamo sconcertati da queste indecisioni che riguardano anche il probabile appesantimento fiscale in un momento in cui l'economia europea viaggia bene e anche Paesi vicini, come Polonia e Romania, dimostrano che l'alleggerimento fiscale funziona bene».

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