Gli impresentabili in lista, ora Tonino è processato dai "suoi" giustizialisti

"Micromega" attacca ancora l’ex pm per lanciare De Magistris che, in rotta con l’Idv, lavora a un suo partito. Da Flores D'Arcais a Travaglio, gli amici del leader sono diventati suoi fustigatori. Il sogno di Veltroni: fondare un nuovo partito

Gli impresentabili in lista,  
ora Tonino è processato  
dai "suoi" giustizialisti

L’idea gli frulla in testa da tempo, «il Partito dei senza partito», con dentro un po’ di viola anti-Cav, Andrea Camilleri e il suo commissario Montalbano, Travaglio come teorico, Santoro come icona tv, la magistratura come stella polare. Flores D’Arcais, filosofo di piazza e mina vagante della politica italiana (eterno calabrone disturbatore dei sonni della sinistra) con la sua Micromega, ha già individuato il leader possibile per questo pseudo-partito-anti-partito, Luigi De Magistris, e con ciò anche la vittima sacrificale del suo fuoco purificatore: l’amico (si fa per dire) Antonio Di Pietro. È dalle ceneri dell’Idv plasmato da Tonino, filosofeggia D’Arcais, che dovrà nascere come la fenice il nuovo Partito dei Valori Assoluti, il PdG, Partito dei Giusti. Ed ecco dunque spiegata la guerra micidiale (perché fatta con la maschera dell’amicizia), di Micromega a Di Pietro e alle varie schifezze della sua Idv, una serie di randellate in testa a Tonino tirate anche sul Fatto di Travaglio per invitare il leader a fare quel che non può: azzerare il partito che lo rispecchia fedelmente, cacciare gli uomini che lui ha voluto, in altre parole rinnegare se stesso. E dunque ecco un’altra puntata e un’altra inchiesta («L’Idv perde il pelo e raddoppia il vizio»), dopo le dieci domande a Tonino e dopo le accuse pesanti, per mettere in difficoltà la leadership di Di Pietro e stendere l’ennesimo tappetino rosso ideale a De Magistris, la cenerentola dell’Idv, che però non si muove mai per davvero. Per adesso l’ex Pm napoletano ha fatto il pesce in barile, smentendo sempre di guidare una corrente alternativa a quella del «fratello siamese» Di Pietro. Lui smorza, tiene un profilo basso, non si espone, ma quelli che vedono in lui un nuovo Di Pietro si muovono, eccome se si muovono.

A partire appunto da Flores D’Arcais, ormai un nemico di Di Pietro che sa di poter essere messo in seria difficoltà solo da loro, gli epuratori dei puri, le anime immacolate che più bianche non si può. Insomma gli amici, tra cui Travaglio, altro micromeghiano. Col giornalista lo scontro è sull’appoggio dell’Idv al plurindagato De Luca in Campania. Quello è il caso limite, più evidente, di una spaccatura che sta preoccupando Di Pietro perché sgretola dalle fondamenta il mito, costruito negli anni, del «dipietrismo». Ma è solo un fronte tra i molti aperti. La fortuna di Tonino, per il momento, è che la persona che dovrebbe fargli le scarpe, al suo confronto, è un dilettante, un politico inesperto e senza astuzie. De Magistris ha cominciato a muoversi solo adesso, mentre un altro dipietrista gli sta rubando l’elettorato movimentista, il deputato Franco Barbato. «Luigino» ha cominciato a muoversi in Campania, la sua regione, sostenendo il voto disgiunto, diversamente dall’indicazione del partito che lo ha eletto a Strasburgo. È sceso in Campania per dare il sostegno al candidato presidente della Lista Grillo, sostenendo peraltro come candidato al Consiglio regionale Fausto Morrone, attuale consigliere comunale in guerra con De Luca, il candidato di Di Pietro. La stessa cosa succede in Lombardia, dove De Magistris ha un suo uomo, l’attore Giulio Cavalli, che viene regolarmente boicottato dal partito (il sito internet dell’Idv lo ha cancellato addirittura dalla lista dei candidati lombardi!). Si dice che quando De Magistris si muova sul territorio, nessuno del partito (l’apparato che lo vede come una minaccia) si sogni di dargli una mano o anche solo di presenziare.

Tanto che, dopo il letargo in cui è stato finora nonostante il chiasso dei suoi sostenitori, c’è chi giura che De Magistris sia pronto al grande passo: «Vuole fare un suo partito - racconta un dipietrista che lo conosce bene -, un partito di sinistra con i pezzi dell’Idv che stanno con lui e la sinistra rimasta fuori dal Parlamento. Ha contatti con Vendola e con Marco Ferrando (quello del Partito comunista dei lavoratori, ndr). Ora vuol far eleggere qualcuno dei suoi nei Consigli regionali per poi contarsi e vedere che succede». Ma il partito gli fa la guerra. Anche la candidatura di Callipo in Calabria, fortemente voluta da De Magistris, è stata osteggiata dall’apparato e non ha molte speranze di rivelarsi un successo. E se farà fiasco, sarà tutto addebitato a De Magistris.
Fa flop, in politica (anche se è presto) come da magistrato, ma comunque sia piace, non solo a Cecchi Paone, ma pure ai giustizialisti-grillini. E nel numero in cui Flores lo evoca, mentre martella Tonino, inanella una serie di coincidenze che mettono insieme un quadro chiaro. L’asse è quello tra i «puri» del Pdl (i finiani) e i puri dell’Idv (i demagistrisiani) per scardinare maggioranza e opposizione, nel nome di una politica dei Giusti.

Con Camilleri (già del Partito dei senza partito) che intervista Granata, l’antiberlusconiano del Pdl, e con Travaglio che racconta la sua destra da Cavour a Montanelli, un’inchiesta sulla «Destra nuova di Gianfranco Fini» e una sugli impresentabili dell’Idv. Come dire: che bello sarebbe se la destra fosse Fini e la sinistra fosse De Magistris.

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