Tra le 102 proposte della Commissione presieduta da Vittorio Colao (nella foto) e incaricata dal premier Conte di avanzare delle idee per la ripresa, c'è anche la parola magica: reshoring. Il re-insediamento di attività produttive e soprattutto di attività ad alto valore aggiunto, trasferite nel tempo all'estero, è visto come lo strumento per rafforzare la competitività del Paese. Gli strumenti proposti sono la decontribuzione degli stipendi dei lavoratori interessati, incentivi agli investimenti produttivi e la maggiorazione a fini fiscali dei valori ammortizzabili delle attività rimpatriate. Provvedimenti che, in realtà, dicono gli esperti mobilitati da Colao, potrebbero essere estesi a tutti i nuovi insediamenti produttivi (rimpatriati o no) avviati in Italia.
Uno studio reso noto pochi giorni fa della Gea, società di consulenza («Nuovi mercati, nuovi contesti») esclude scenari di «deglobalizzazione massiva». In pratica non ci sarà una ritirata generalizzata dei diversi sistemi produttivi dentro i confini domestici. Ma la ricerca spiega bene le ragioni per cui il Covid rappresenta una discontinuità in grado di modificare i flussi produttivi e commerciali a livello globale. In molti casi le imprese si sono improvvisamente rese conto di dipendere da fornitori che stanno dall'altra parte del mondo, con tutti i rischi che questo comporta. Ora dunque stanno valutando soluzioni che possano metterle al riparo da sorprese. Il primo passo è quello di valutare il grado di dipendenza e i tempi di reazione agli choc. Poi c'è la ricerca di percorsi alternativi per l'approvvigionamento: nuovi fornitori in grado di sostituirsi o affiancarsi ai precedenti, la ridefinizione delle riserve strategiche, l'avvio di processi di «regionalizzazione» della produzione in modo da avere un maggior controllo di eventuali fattori di rischio.
Si tratta di processi complessi che richiedono tempo e in parecchi casi anche costi aggiuntivi.
Ma l'altra notizia, secondo i consulenti di Gea, è che i trasferimenti di fasi di produzione basati sulla pura differenza del costo del lavoro stanno diminuendo. Oggi contano sempre di più la vicinanza ai mercati di sbocco, la specializzazione e le competenze produttive in grado di fare la differenza. E se le regole sono queste l'Italia potrebbe avere buone carte in mano.
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