Accelerazione di Giorgetti sulle nomine Rai, ma c’è aria di rinvio

Il ministero dell’Economia pressa le Camere sull’elezione dei quattro consiglieri. I nodi da sciogliere

Accelerazione di Giorgetti sulle nomine Rai, ma c’è aria di rinvio
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La partita delle nomine Rai è finita ieri, a sorpresa, sul tavolo della conferenza dei capigruppo, che deve decidere il calendario pre-ferie di Montecitorio. A sorpresa non perché imprevedibile: il Cda Rai (di cui il Parlamento elegge quattro membri) è scaduto da due mesi, tutto il vertice di Viale Mazzini è praticamente dimissionario e dunque l’urgenza ci sarebbe eccome. Quel che non c’è ancora, però, è l’accordo nel governo sul cambio della guardia. Così ieri sia il partito della premier che Forza Italia sono rimasti un po’ spiazzati dalla pressante richiesta di accelerare e mettere in calendario entro luglio la questione Cda. Arrivata dal Ministero dell’Economia, azionista Rai: «Giorgetti si è mosso per conto di Salvini, per alimentare un altro focolaio di attriti», dicono dalla maggioranza.

Tant’è che dal Senato (presieduto dal Fdi La Russa) è arrivato un colpo di freno: il calendario pre-agostano è già inzeppato all’inverosimile di decreti e fiducie: difficile trovare il tempo, meglio riparlarne a settembre. Il quadro è, come si suol dire, complesso: la Lega batte i pugni sul tavolo contro l’intesa sulle cariche tra Fdi (amministratore delegato, il designato è il meloniano Giampaolo Rossi ma da Palazzo Chigi ci sarebbero dubbi crescenti e ricerca di alternative, sarebbe stato sondato anche il direttore del Tg1 Chiocci) e Fi (presidente) e pretende più posti di comando: «A noi un direttore generale» (il designato sarebbe Ciannamea). Altrimenti, è l’avvertimento, potrebbero mancare i voti, in Commissione di Vigilanza, e a scrutinio segreto, per Simona Agnes, designata alla presidenza in quota Fi.

Se non bastassero le bizze della Lega, c’è anche l’Aventino delle opposizioni: il presidente Rai, figura «di garanzia», deve avere i due terzi dei voti in Vigilanza. Ne servono 28, la maggioranza ne ha 25. E Stefano Graziano, stratega Pd in commissione, sta meditando di far uscire in massa i parlamentari del «campo largo» per evitare aiutini sottobanco. Come quelli che, dall’inizio del governo Meloni, sono arrivati da M5s, che in cambio ha fatto incetta di poltrone Rai. Ora però Giuseppe Conte è con la coda tra le gambe per il voto europeo, i 5S vanno a rimorchio del Pd e la presidente grillina della Vigilanza, Barbara Floridia, ormai segue Schlein sulle barricate contro «TeleMeloni». L’Aventino di Elly andrà oltre: il suo Pd non indicherà nessun consigliere per la Rai.

Lascerà il compito ai compagni di Avs, che vogliono piazzare Roberto Natale: ex Rai, sindacalista, ex portavoce di Laura Boldrini a Montecitorio. E assai legato al braccio destro di Schlein Flavio Alivernini, anche lui nello staff di Boldrini. Un capolavoro: il Pd potrà dire essere estraneo alla lottizzaz

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