Anomalie e fughe di notizie Ecco come si è salvato il sindaco di Bari Emiliano

L’inchiesta è proseguita per dieci anni, le richieste di arresto risalgono a due anni fa. Emiliano compare ovunque, pure nelle intercettazioni. Ma per i pm «poteva non sapere»

Anomalie e fughe di notizie  Ecco come si è salvato  il sindaco di Bari Emiliano

Se le inchieste sulla malasanità pugliese della procura di Bari hanno trovato tra i tanti ostacoli quello delle fughe di notizie, anche l’indagine «Sub Urbia» sugli appalti pubblici del Comune guidato da Emiliano con il gruppo Degennaro vanta le sue anomalie. A cominciare dall’ennesima prova di scarsa impermeabilità degli uffici giudiziari, quando in ballo c’è il centrosinistra.

LE DIMISSIONI TEMPESTIVE
La lunghissima indagine, le cui radici risalgono addirittura al 2002, in città era certamente nell’aria, come ha ammesso lo stesso sindaco Emiliano, raccontando la genesi delle dimissioni da assessore di Annabella Degennaro, da lui chiamata in giunta a soli 26 anni quale «tecnica esperta». Lei e il padre Vito, ha spiegato l’altro giorno il primo cittadino, «evidentemente avevano intuito qualcosa». E così, a dicembre scorso, con buon anticipo rispetto al terremoto giudiziario che avrebbe investito il presunto «comitato d’affari» che intrecciava i dirigenti apicali del municipio pugliese e i fratelli costruttori, ecco che arriva il tempestivo passo indietro della rampolla di famiglia dalla squadra del sindaco. Restando alle «intuizioni», c’è anche quella curiosa intercettazione di fine 2006 tra Emiliano e un suo dirigente, Vito Nitti (ora ai domiciliari), nella quale il sindaco gli raccomanda di dire a Simonetta Lorusso, allora assessore ai Lavori pubblici, di «star buona col telefono perché spende troppi soldi».

L’INCHIESTA DECENNALE
Non avranno certo aiutato a piombare il segreto sull’indagine i tempi biblici della stessa, durata almeno sette anni dall’apertura «ufficiale» del fascicolo, datata 2005. Gli arresti dell’altro giorno, per dirne una, sono frutto di una richiesta firmata dai due pm Pirrelli e Nitti quasi due anni fa, a maggio del 2010, che è sfociata solo adesso, tra l’altro ben sfoltita, in un’ordinanza del gip. Il provvedimento delle due toghe, a sua volta, attingeva da un’informativa consegnata in procura due mesi prima da Salvatore Paglino, l’investigatore della Gdf (in seguito accusato di stalking e arrestato per peculato) che aveva già lavorato fianco a fianco con l’ex pm Giuseppe Scelsi sul filone delle escort, un fascicolo che ha portato lo stesso Scelsi allo scontro frontale con il capo della procura barese, Antonio Laudati, con scambi di accuse tra presunte fughe di notizie (tanto per cambiare) del primo, e presunti rallentamenti nell’indagine del secondo.

UN «ARRESTATELI» VECCHIO DI DUE ANNI

Tornando all’inchiesta sui Degennaro, era difficile non lasciar trapelare per ben 22 mesi la presenza sulla scrivania del gip di quella richiesta, tanto più in una città che non è esattamente una metropoli. Duemila pagine zeppe di indagati eccellenti, che toccano il cuore del comune pugliese e anche i rapporti di vicinanza tra gli indagati e il sindaco ex magistrato, divenuto uomo-simbolo della cosiddetta primavera barese. Emiliano, come peraltro tutti i «politici», sparisce del tutto nell’ordinanza del gip, anche se è citato per i suoi legami e contatti con la famiglia di costruttori tanto nell’informativa che nella richiesta dei pm baresi. Che annotano, ascoltano, ma non lo indagano, anche se i dardi giudiziari colpiscono ovunque intorno a lui: per citare un paio di centri, l’ex vicesindaco Martinelli finisce nei guai, il «factotum di Emiliano» Antonio Ricco (la definizione è degli inquirenti) viene iscritto nel registro degli indagati. Ma il sindaco no.

IL SINDACO? «RIUSCIVA» A NON SAPERE
Emiliano «poteva non sapere», per la Pirrelli (moglie del parlamentare Pd, scrittore ed ex magistrato Gianrico Carofiglio) e pure per l’altro pm, Nitti, che invece nel sostenere l’accusa nel procedimento contro l’ex governatore Raffaele Fitto la pensava in altro modo. Un riguardo per l’ex collega? Una diversa strategia investigativa basata su quanto emerso dal lavoro degli inquirenti? Forse la spiegazione è più semplice. Più che «poteva» o «non poteva», il sindaco «riesce a non sapere». O almeno questo è quanto emerge proprio dalle carte dell’inchiesta. Precisamente da una chiacchierata intercettata in ambientale tra il dirigente Vito Nitti e l’ex assessore municipale ai Lavori pubblici Simonetta Lorusso, il 13 dicembre del 2006. Con i due che dopo aver discusso del bilancio del Comune di Bari sembrano rivelare la (discutibile) filosofia antiguai di Emiliano. Lorusso: «Il problema è che il sindaco dice “io non ricordo” sai quante cazz...». Nitti: «Perché lui (...) cioè, quando cominci a dirgli un fatto... ti blocca... “so tutto, non mi dire niente”, in modo che lui riesce a non sapere quello che potrebbe creargli qualche problema».

Un Emiliano vestito da «scimmietta che non sente» del proverbiale trio di primati - rappresentazione de relato, come visto - spiegherebbe la sua immunità «penale». Ma quell’abito, per un amministratore, non sarebbe lusinghiero.

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