"Basta con la fuga di notizie" Zittiti i cardinali americani

I porporati statunitensi erano gli unici a parlare alla stampa. Ma il collegio decide di imporre anche a loro la massima riservatezza. Vince la linea della prudenza

"Basta con la fuga di notizie" Zittiti i cardinali americani

È il giorno degli americani zittiti, del silenzio sceso sulle conferenze stampa dei porporati a stelle e strisce. I malumori serpeggiavano da giorni nel sacro collegio. I cardinali statunitensi, la pattuglia più nutrita dopo quella italiana (11 elettori e 8 ultraottantenni), hanno portato a Roma la struttura di comunicazione della loro Conferenza episcopale e hanno incontrato i giornalisti già giovedì scorso, quando la sede vacante non era ancora scattata. In questi giorni le conferenze stampa delle 14,30 al Collegio Nordamericano sul Gianicolo erano diventate un appuntamento fisso.
Da ieri, tutto cancellato. È prevalsa la regola del riserbo. Il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, nel quotidiano briefing delle 13, ha riferito che «il collegio dei cardinali nel suo insieme, nessuno escluso, ha scelto una linea di riservatezza crescente».
La portavoce dell'episcopato Usa, la sorridente suor Mary Ann Walsh, autrice di libri e collaboratrice del Washington Post, ha fatto sapere che «preoccupazione è stata espressa nella congregazione generale per le fughe di notizie riservate riportate sui giornali italiani» e «per precauzione i cardinali hanno deciso di non fare interviste».

In questi giorni molti porporati, non solo Usa, hanno parlato con giornalisti di tutto il mondo. E gli americani non hanno infranto la riservatezza sui lavori delle congregazioni. Ma da loro erano arrivate le indicazioni più incisive sul pre-conclave, in particolare l'irremovibilità sui due temi ritenuti più scottanti: Vatileaks e scandali sessuali. Gli statunitensi sono stati i primi e più decisi a non accelerare sui tempi del conclave secondo gli insegnamenti di Aristotele e San Tommaso: «Deliberare e decidere con lentezza, ed eseguire prontamente quanto si è deliberato». Congregazioni lunghe per un conclave breve.
È una strategia che dà la misura dell'incertezza che regna tra gli elettori del Papa, e che ha fatto breccia al loro interno, tant'è vero che nemmeno ieri, dopo sei giorni di sede vacante e tre di congregazioni (e 24 giorni dalla rinuncia), è stata decisa la data del conclave. È vero, all'appello mancano ancora due porporati (un polacco e il vietnamita), la cui presenza è necessaria per decidere di derogare ai 15 giorni di sede vacante. In realtà c'è bisogno di altro tempo, i grandi elettori non si sentono pronti, come ha ammesso l'arcivescovo Francis George di Chicago, la città di Obama. I cardinali vogliono sviscerare le questioni una per una, andare a fondo, conoscersi, parlarsi. E capire gli orientamenti altrui.

L'ha spiegato bene lo stesso George: «Nelle congregazioni le discussioni sono molto libere, tuttavia i veri contatti avvengono a margine. Un collega si avvicina e ti chiede cosa pensi di un potenziale candidato: intende dire che lui lo appoggia, insieme al gruppo cui fa capo. Quindi tu rifletti su quel nome, sapendo che ha dietro un certo consenso. Ma questo consenso diventerà misurabile solo quando cominceremo a votare». Proprio per concedersi questi spazi informali, martedì e ieri le congregazioni si sono riunite soltanto al mattino. Ha aggiunto George: «Posso dire che la lista dei papabili si sta allargando, invece di restringersi. Stiamo parlando pure di candidati di cui finora non aveva discusso nessuno». E pensare che qualche giorno fa l'Osservatore Romano ha ironizzato sui giornalisti che dall'11 febbraio hanno fatto lievitare il numero di papabili da 23 a 47.
Una parte del collegio ritiene che sui temi caldi si sia già detto quanto c'era da dire. Ancora una volta la linea della trasparenza e quella della prudenza sembrano divergere. I primi richiamano la linea ratzingeriana della pulizia.

Ma Benedetto XVI ha anche raccomandato al sacro collegio di essere «come un'orchestra, dove le diversità concorrano sempre alla superiore e concorde armonia». Così, all'unanimità, i cardinali hanno preso la via del silenzio. E lunedì 11 marzo non sembra più tanto sicura come data di inizio del conclave.

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