Dal bel faccino ai voltafaccia Debora sta solo con chi vince

La Serracchiani passa per la fuoriclasse del Pd anche se è la regina delle banalità e dell'opportunismo. Da Franceschini a Bersani a Renzi: ha già cambiato tutti i cavalli

Dal bel faccino ai voltafaccia Debora sta solo con chi vince

Il musetto di Debora Serracchiani farà adesso capolino per cinque anni nel Palazzo della Regione del Friuli-Venezia Giulia. A godersela saranno quindi i cittadini di Udine. A esserne orfani quelli di Strasburgo, dove Debora si recava per occupare il seggio di parlamentare Ue, suo da quattro anni e al quale ora deve rinunciare.
È un fatto che quando questa eterna ragazza - è già di 43 primavere ma pare una liceale - si presenta davanti all'elettorato ha un diabolico successo. Nel giugno del 2009 era sulla ribalta da appena tre mesi, eppure Friuli e Nord-Est persero la testa per lei. Fu la candidata europea più votata della circoscrizione, non solo del Pd, ma in assoluto, con 144mila voti. «Ne ho presi più di papi», inteso come Berlusconi, si vantò poi lei.
Alcuni ricorderanno come Serracchiani passò dall'inesistenza alla notorietà. Il Pd, al solito, era nelle ambasce. Guidato da Walter Veltroni, aveva preso una scoppola alle politiche 2008 e il suo successore, Dario Franceschini, già traballava nella primavera 2009. Il 21 marzo si tenne a Roma l'Assemblea dei Circoli del Pd. Giunto il turno, salì sul palco la segretaria del Pd di Udine, una totale sconosciuta. Era una ragazzetta in jeans, con una codina di cavallo, un viso tondo e due occhioni da chierichetto. Parlava con voce limpida, alzando l'indice in segno di ammonimento e sciorinando ovvietà. Lamentò che il partito era «lontano dalla realtà», «sordo alla gente», «privo di linea». Franceschini, cui la rampogna era rivolta, annuiva, sapendo di meritarsi di peggio. L'operatore tv del partito, incaricato di girare il video per YouTube, riprendeva Debora - perché è di lei che si trattava - con tecniche suggestive. Inquadrava il suo viso innocente, quello attento dei presenti, lo sguardo contrito di Franceschini, l'entusiasmo della platea per le banalità ben dette e il battimani scrosciante alla fine del discorso. Con la probabile regia mediatica di Franceschini, il video fu subito messo in Rete. Tam tam e passaparola fecero il resto. Così, i tredici minuti del discorso cambiarono all'istante la vita di Serracchiani. Fu inondata di interviste, osannata dallo spagnolo El País, corteggiata dalla stampa europea.
Era nata una stella. Matteo Renzi dovendo ancora apparire, era lei la ventata di aria fresca nella sinistra e la potenziale rottamatrice. Così, l'astuto Franceschini la candidò subito all'assemblea Ue dove ebbe il trionfo che sappiamo. Subissata dagli onori, Debora perse un po' la testolina. Così, a Natale 2009, dopo che Massimo Tartaglia sbatté sulla faccia del Cav i tre etti e mezzo di Duomo di Milano in miniatura, un giornalista le chiese che regalo avrebbe fatto al Berlusconi ferito. «Un pensierino gentile: la Mole Antonelliana da mettere sul comodino», rispose lei, col sottinteso che la cuspide della Mole è più appuntita di quelle del Duomo e fa più male. Una nobildonna.
Per natura, Serracchiani è opportunista. Se moltiplica i voltafaccia, non prova a giustificarsi, ma liquida tutto con un'alzata di spalle. «Non bado al capello», è il suo motto. Poiché è romana di nascita, i friulani ci vedono la paraventaggine tipica dei teverini. Indicativo il suo atteggiamento verso Renzi. Poiché il sindaco le sta sul gozzo, avendole rubato il ruolo rinnovatore che era il suo, per anni gli si è contrapposta. Ultimamente però - da quando Bersani è in disgrazia - se ne mostra entusiasta. Non si sa mai. Infatti, nonostante l'aria indipendente, Debora è attentissima ai rapporti di forza. È sempre stata dalla parte del segretario di turno. Prima Franceschini, che appoggiò contro Bersani («Mi è simpatico», disse. In realtà, pensava vincesse). Poi con Bersani che aveva battuto Franceschini. Ora, spia il vento.
Sveglia è sveglia e tempestiva pure. Nel recente voto friulano, ha prima tappezzato la Regione di cartelloni in cui appariva guancia a guancia con Bersani. Quando però il segretario è andato nel pallone, fallendo l'incarico di formare il governo, capì che era diventato una zavorra e in poche ore sparirono tutte le immagini che li ritraevano abbracciati. La cartellonistica è stata un po' il suo tormento nell'ultimo mese. Aveva cominciato con manifesti rossi che gli stessi compagni di partito avevano giudicato staliniani. Così, con successivi aggiustamenti, un giallo qui, un verde là, i cartelloni hanno progressivamente cambiato colore per finire negli ultimi giorni in una tinta azzurra di sapore berlusconiano. Questo per dire quanto Serracchiani sia duttile e adattabile alla realtà per raggiungere i suoi scopi.
Debora ha trascorso i primi venticinque anni di vita a Roma dov'è nata. Cresciuta in periferia (padre prima operaio, in seguito impiegato Alitalia), ha preso il diploma delle scuole tecniche, per poi laurearsi in Legge. Lavoretti saltuari come commessa, un soggiorno a Londra per la lingua e qualche soldo racimolato come baby sitter di un bimbo indiano. Tifosa, tutt'ora, della Roma e buona giocatrice di tennis. A Udine è arrivata nel 1995 al seguito di Riccardo, il fidanzato, pure lui romano, che nel capoluogo friulano ha una piccola impresa di telefonia. I due, dopo vent'anni di vita insieme, si sono sposati l'anno scorso.
È nel suo nuovo ambiente che Debora ebbe la folgorazione della politica che fino allora non l'aveva attratta. All'inizio, si limita a fare l'avvocato per mantenersi e dare una mano a Riccardo. Ma lo studio in cui lavora -Businello, Virgilio, De Toma -, specialista in diritto del lavoro, è il consulente della Cgil e da sempre il salotto dell'intellighenzia di sinistra udinese. Così, la ragazzotta della periferia romana si sprovincializza in Friuli, appassionandosi alle tematiche dei sinceri democratici. È prima consigliere circoscrizionale, poi consigliere provinciale. Agli inizi, vuoi più per la formazione giuridica che per sacro fuoco giovanile, è piuttosto intollerante, cita di continuo il codice penale e dice spesso agli avversari «ci vedremo in tribunale». Col tempo smette di dipietreggiare e la sua immagine cittadina si addolcisce. Diventa infatti popolare col soprannome di Pippi Calzelunghe per il gusto di andare in giro con le treccine a cornetto all'altezza delle orecchie.
A parte i vecchi arnesi del Pd locale, il suo sodale politico più stretto è il giovane neo deputato Paolo Coppola, mago di internet.

È lui che le organizza il blog, Twitter, Facebook, e tutto l'ambaradam modernista che le è stato utilissimo per prevalere una settimana fa - sia pure di soli duemila voti - sul governatore uscente del Pdl, Renzo Tondo, che in materia informatica è fermo al mesozoico.
Questo, all'ingrosso, è il profilo di una ragazza qualunque che il Pd spaccia per speciale.

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