Berlusconi torna a Roma questa sera, dopo un'assenza durata 17 giorni. E lo fa con il colpo in canna al suo fucile: un video messaggio, impietoso j'accuse alle frange politicizzate della magistratura. La cassetta verrà consegnata a tutte le tv e Matrix è già pronta a un'edizione straordinaria. L'intento del Cavaliere era di aspettare l'esito, ormai scontato, del voto in giunta al Senato. Invece il messaggio agli italiani potrebbe arrivare già oggi. In fondo il risultato del voto in giunta è già scritto: verrà bocciata la relazione con la quale il relatore Augello chiede il ricorso alla Consulta e alla Corte di Lussemburgo un parere sull'applicazione della legge Severino. In pratica la prima spallata per estromettere il Cavaliere dal Parlamento. Quindi, perché aspettare oltre? Sarà duro, durissimo contro i magistrati che lo hanno condannato ingiustamente. Ne consegue che la richiesta di grazia, se arriverà, arriverà senza il suo avallo. Molto più probabile, quindi, l'espiazione della pena con la scelta dei servizi sociali in modo da avere i «microfoni aperti». Nel messaggio ci sarà un appello per una nuova battaglia «di libertà» per «riformare la giustizia». «Scendi in campo anche tu», dirà il Cavaliere ai giovani, a coloro che non hanno mai fatto politica fino a ora, alle forze fresche e liberali. Una sorta di chiamata alle armi, in concomitanza con il rilancio ufficiale di Forza Italia. Domani, infatti, il Cavaliere potrebbe inaugurare la nuova sede romana del partito, in piazza San Lorenzo in Lucina. Nelle ultime ore, a proposito di partito, ha fatto rumore l'indiscrezione lanciata da Dagospia secondo cui Berlusconi sarebbe orientato a dare il timone organizzativo di Forza Italia all'ex capo della protezione civile, Guido Bertolaso. Un modo per spiazzare tutti, falchi e colombe, e per dare un volto «meno politico» a Forza Italia.
Berlusconi resta però di lotta e di governo. Fin qui il Berlusconi di lotta. Quello di governo, invece, sarebbe più cauto sulla mossa di far saltare il banco. Sebbene in tanti continuino a premere perché strappi col governo Letta in caso di pollice verso in giunta, non è affatto scontato che domani o dopo arrivi il ritiro dei cinque ministri pidiellini. Insomma, Berlusconi potrebbe anteporre ancora una volta gli interessi del Paese ai suoi per rendere plastica ed evidente la sua statura da statista. A quel punto sarà chiaro chi non vuole la pacificazione, chi soffia sul fuoco, chi utilizza i cannoni delle toghe per far fuori gli avversari politici. Sarà il Pd a doversi assumere la responsabilità di tirare il grilletto del plotone d'esecuzione che butterà fuori dal Parlamento il leader del partito alleato, nonché rappresentante di circa dieci milioni di italiani. In pratica si cercherà di addebitare lo strappo al Pd, frantumato dalle correnti in lotta tra loro in vista del congresso. «Sono loro che vogliono andare al voto, non noi» è il refrain più gettonato dalle parti pidielline. Ma se strappo sarà, Berlusconi sarà pronto. Prontissimo.
Dal canto suo, Letta trema. Per la prima volta, messo da parte l'ottimismo, ammette: «Il governo è in bilico». Poi, attacca: «Non possiamo essere io e il presidente della Repubblica gli unici parafulmini - dice - Occorre da parte di tutti una partecipazione alla responsabilità.
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