Bossi fonda un nuovo partito. Anzi no

Lega nel caos. Si rincorrono voci su simbolo e logo già presentati dal Senatur, costretto a smentire: "Io resto qui"

Bossi fonda un nuovo partito. Anzi no

Umberto Bossi si fa la secessione in casa? Avrebbe pronto un nuovo partito che spacca la Lega, dicono voci insistenti da giorni. L'altro giorno, commentando l'ipotesi di espulsione a carico del suo fedelissimo Marco Reguzzoni, aveva detto: «Se va avanti così non resto nemmeno io». Ma ieri avrebbe addirittura depositato il nome e il simbolo della nuova formazione politica presso un notaio dal quale sarebbe andato assieme alla moglie Manuela Marrone. Le indiscrezioni si rincorrono sul web, ma in serata è lo stesso Senatur a smentire. «Non ci penso proprio a un nuovo partito, non c'è nulla di vero, io resto nella Lega - ha detto alle agenzie di stampa - si sono confusi con il nuovo giornale per la cultura e l'identità creato da Giuseppe Leoni, è questo il mio compito da presidente della Lega».

Una giornata convulsa che si chiude nella confusione. Fra strappi, minacce di espulsioni, insulti, il Carroccio naviga in acque tempestose dopo la prima Pontida di Roberto Maroni segretario che doveva festeggiare i tre governatori del Nord e invece viene ricordata per i fischi e il «leccaculo» affibbiato da Bossi a chi dice che nel partito va tutto bene. Bossi costretto a smentire ripetutamente l'intenzione di lasciare la Lega è già un fatto clamoroso. E il clima che si respira in via Bellerio è ormai quello della resa dei conti.
Per il vecchio capo non c'è più nemmeno l'onore delle armi, come dimostra Flavio Tosi, segretario veneto delle camicie verdi contestato a Pontida. Ieri il sindaco di Verona era al programma radiofonico La Zanzara. Gli chiedono se ogni tanto sente il Senatur. «Mai - è la risposta - qualche volta ci si vede in via Bellerio. Ma voi chiamereste mai uno stronzo al telefono?». Un insulto con il quale più volte Bossi aveva apostrofato il sindaco di Verona.

Il clima è arroventato dalle espulsioni pronte per alcuni militanti, tra cui Reguzzoni, ex capogruppo del Carroccio alla Camera, non rieletto. «Non ci sono dietrofront sulle procedure, l'iter delle sanzioni va avanti, sta gestendo tutto Salvini», ha confermato ieri il segretario federale. Anche qui, un equivoco: sembrava ci fosse stato un rallentamento, invece da gennaio vige un regolamento più garantista che allunga i tempi.

Le espulsioni non sono imminenti, ma prima o poi la mannaia cadrà: «I provvedimenti arriveranno in 15 giorni - ha garantito il segretario della Lega lombarda - per cinque o sei persone che da mesi stanno reiteratamente sparlando, attaccando, rompendo le scatole e diffamando. Si tratta di alcuni ex deputati o ex senatori, quei nomi che si leggono sui giornali e dovrebbero mostrarsi più responsabili degli altri. Con Reguzzoni ci siamo visti, abbiamo chiarito che bisogna smetterla di litigare, sparlare, chiacchierare, e mettersi a lavorare. Lui si è detto d'accordo. Ma i provvedimenti verso chi ha fatto casino saranno presi».

Più sfumata invece la posizione di un altro «big» del Carroccio, il governatore veneto Luca Zaia, che invita a evitare «i bagni di sangue» nel Consiglio

nazionale della Liga veneta che si riunisce oggi a Padova e ha all'ordine del giorno altre epurazioni. «Dobbiamo presentarci in maniera più compatta possibile, senza pensare che ogni dissenso si risolva per via disciplinare».

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