"C'era un accordo", "I nomi calati dall’alto". È rissa Schlein-Bonaccini

Il Pd si divide sulla scelta dei capigruppo alla Camera e al Senato. Schlein attacca: "Il nostro accordo era chiaro". Bonaccini risponde: "Non puoi darmi i nomi così"

"C'era un accordo", "I nomi calati dall’alto". È rissa Schlein-Bonaccini

La "rivoluzione Elly Schlein" avrebbe dovuto stravolgere il peso delle correnti all’interno del Partito democratico. Il cosiddetto "effetto Schlein" avrebbe dovuto ridimensionare la forza dei "capibastone" e velocizzare le pratiche del partito. La scelta dei nuovi capigruppo, con queste premesse, avrebbe dovuto essere una semplice e banale passeggiata di salute. E invece: la partita sui capigruppo ha spezzato, una volta per tutte, l’unità tra il neo presidente Stefano Bonaccini e la neo segretaria Elly Schlein.

Il rimpallo di accuse

Il rimpallo di accuse tra il governatore emiliano e la giovane segretaria dem parte dalla riunione di ieri tra Stefano Bonaccini e suoi fedelissimi. Al termine dell’incontro il neo presidente lancia l’ultimatum a Elly Schlein: una proposta entro lunedì prossimo senza “scelte calate dall’alto”.

Ma lo scontro a distanza tra i due, come rivelato da La Stampa, va avanti già da qualche giorno. Schlein accusa Bonaccini e ovviamente il governatore risponde.“Stefano, il nostro accordo era chiaro, alla tua designazione a presidente del partito sarebbe seguita l’indicazione da parte mia dei presidenti dei gruppi parlamentari”. Così avrebbe risposto la segretaria agli attacchi della minoranza dem guidata da Bonaccini e i suoi. Di tutt’altro avviso il governatore emiliano che continua a lamentare il metodo Schlein e lanciare sfide all’ex collega nella giunta regionale emiliano romagnola. La tensione tra i due è alta e all’interno della fila dem il malumore comincia a sentirsi: “Macchè democratica, Schlein non condivide le decisioni – si sfoga con Il Giornale un dirigente dem legato a Bonaccini – Dobbiamo sperare nelle correnti, altrimenti saranno anni duri. Manco Renzi arrivò a occupare tutti gli incarichi come sta facendo Elly”.

Bonaccini sfida la Schlein

I nomi “calati dall’alto”, secondo il punto di vista del governatore, sono sempre gli stessi: l’ex ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, e la giovane deputata dem, Chiara Braga. Il primo al Senato, la seconda alla Camera. Due nomi vicini alla mozione Schlein che non vanno giù a Bonaccini e ai suoi sostenitori. “L’unità – ha detto ieri Bonaccini ai suoi – dipende da noi ma altrettanto da Elly”. E sulla gestione unitaria le posizioni sono ancora lontani:“Guarda Elly – ha aggiunto il presidente dem – un accordo si trova, ma qualche piccolo passo fallo”. La questione è non è solo di merito, ma soprattutto di metodo: “Non voglio fare opposizione interna alla tua linea, voglio collaborare, ma non puoi darmi i nomi così, prendere o lasciare”.

La tensione tra i due è alta e all’interno della fila dem il malumore comincia a sentirsi: “Macchè democratica, Schlein non condivide le decisioni – si sfoga con Il Giornale un dirigente dem legato a Bonaccini –Dobbiamo sperare nelle correnti, altrimenti saranno anni duri. Manco Renzi arrivò a occupare tutti gli incarichi come sta facendo Elly”.

Le solite divisioni interne al Pd

Insomma, due versioni diametralmente opposte che mostrano tutte le divergenze interne al Nazareno. Elly Schlein da una parte, intenta a proteggere i suoi fedelissimi e promuoverli a capigruppo, e Stefano Bonaccini dall’altra, deciso a strappare almeno una poltrona delle due disponibili.

Il punto di partenza del Pd, anche a trazione Schlein, è sempre lo stesso: la lentezza spropositata nel prendere decisioni, il ruolo enorme giocato delle correnti e le immense divisioni politiche sui principali dossier. A questi ne va aggiunto uno: l’incolmabile distanza tra Elly Schlein, segretaria del partito e Stefano Bonaccini, neo presidente dem.

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