Il Carroccio onora il capo Bossi tornerà Senatùr

Maroni compila le liste dei lumbàrd: un posto a Palazzo Madama per Calderoli e il vecchio leader. Che così si riprende lo scranno del 1987

Il Carroccio onora il capo Bossi tornerà Senatùr

Milano - Finalmente potrà rispolverare l'appellativo che l'ha reso famoso. «Senatùr», in lombardo, come Lombarda era la Lega che lo portò in trionfo per la prima volta a Palazzo Madama. Era il 1987, Umberto Bossi aveva 46 anni e sul sito della decima legislatura ha una foto con la frangetta, gli occhiali a goccia e un sorrisetto da schiaffi. Tempi eroici, tempi lontani. Oggi Bossi è malato, ha perso la guida del partito e porta sul groppone il peso degli scandali politico-familiari.

Roberto Maroni è barbaro fino a un certo punto: ha tolto a Bossi una sedia, non gli leverà la poltrona. Ieri mattina il Consiglio federale del Carroccio ha approvato all'unanimità l'accordo con il Pdl e ha concesso al segretario una seconda delega in bianco, quella per la formazione delle liste. Il destino parlamentare di Bossi è dunque nelle mani di Maroni. Che magnanimamente lo piazzerà al Senato, in un ritorno al passato che per il fondatore della Lega in realtà rappresenta il viale del tramonto. Ci sarà un seggio anche per Roberto Calderoli

L'Umberto era stato la sorpresa più clamorosa di quel turno elettorale. Giugno 1987, il Pci orfano di Enrico Berlinguer perse colpi, i Verdi si affacciarono in Parlamento, la Dc riprese il governo per l'ultima volta e il Psi dopo il quadriennio di Bettino Craxi a Palazzo Chigi toccò il picco storico del 14 per cento. Ma nella Milano da bere scalpitava un altro politico di razza (padana). Tre anni prima il varesino Bossi aveva fondato la Lega autonomista lombarda e con una campagna elettorale giocata sulla lotta al centralismo romano, la precedenza ai lavoratori del Nord e il fisco locale ottenne nella sua regione tra il 6 e il 7 per cento. Su base nazionale faceva uno 0,5 per cento, sufficiente a conquistare i primi due storici seggi.

L'Umberto, segretario del partito, fu eletto sia alla Camera sia al Senato. Scelse Palazzo Madama per mandare a Montecitorio il suo amico fraterno Giuseppe Leoni. Era di Leoni la seconda firma sotto l'atto costitutivo del Carroccio, assieme a quella della compagna di Umberto, Manuela Marrone, e di altri militanti finiti nel dimenticatoio. Nella biografia ufficiale del Senato appare come «editore» perché pubblicava un giornale semiclandestino, Lombardia autonomista.
Il Senatùr è un figlio della Prima repubblica, un antesignano dell'antipolitica, l'ariete del «politicamente scorretto». Una novità assoluta negli anni del pentapartito. Bossi è il primo segnale che una stagione è al termine e i potenti dell'epoca, la troika Craxi-Andreotti-Forlani, stanno ballando sul Titanic. Due anni dopo la Lega, che non è ancora «Lega Nord» (nascerà nel dicembre 1989) e non parla il linguaggio della secessione ma quello del federalismo di Miglio e dell'antimeridionalismo popolare, manda i primi 2 rappresentanti all'Europarlamento.

Bossi che diventa Senatùr fu l'inizio di un percorso costellato di alti e bassi, una traiettoria tutto fuorché lineare ma entusiasmante per migliaia di militanti e decisiva per gli assetti della politica a venire.

Bossi che ritorna Senatùr è invece un parlamentare di lungo corso che alle spalle ha sei legislature italiane, quattro europee, una serie di scandali giudiziari che l'hanno costretto a lasciare la guida del partito. E a elemosinare un posto in Parlamento.

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