Il Cav spacca il Pd. I democratici ora hanno paura di Renzi

L'elogio del Cav a Renzi manda in tilt il Pd. Che adesso ha la scusa per attaccare il sindaco

Il Cav spacca il Pd. I democratici ora hanno paura di Renzi

Se prima Matteo Renzi era considerato una minaccia nel Pd, adesso è diventato il diavolo, il male da estirpare. E non per merito (o demerito) suo. È bastata una frase pronunciata dall'acerrimo e onnipresente incubo dei democratici per mandare in tilt (ancora una volta) il partito di Bersani.

Silvio Berlusconi che elogia il sindaco di Firenze sortisce un effetto di repulsione amplificata da parte dei vertici del Pd. Come se prima i propositi di Renzi non fossero poi così apocalittici e perigliosi. Ora che l'ex premier si espone dicendo che il rottamatore "porta avanti le nostre idee, sotto le insegne del Pd" e che se il sindaco di Firenze "vince le primarie si verifica questo miracolo: il Pd diventa finalmente un partito socialdemocratico", la tensione arriva alle stelle.

E si verifica un paradosso. Perché se prima le idee renziane erano osteggiate e considerate populiste e "vetuste" da alcuni esponenti del Pd (vedi Bersani), ora che vengono tacciate di essere in qualche modo vicine a quelle del Pdl, ecco che i democrat si fiondano a ripudiare il pacchetto in toto , a chiedere regole precise per le primarie o ancora, ma sono casi sporadici, a difenderle.

Silvio Berlusconi che si augura che vinca Matteo Renzi alle primarie del Pd "tenta di inquinare il nostro confronto e invita i suoi a contaminare le nostre acque", ha denunciato il responsabile economia del Pd Stefano Fassina in una intervista alla Stampa.

Secondo il braccio destro di Bersani, "l’obiettivo di Berlusconi e non solo suo è quello di indebolire la credibilità del Pd. E favorire così dopo le elezioni la riproposizione di un governo di larghe intese". Come se il confronto non fosse già stato inquinato dallo stesso partito nel quale si è aperto.

"Renzi? Lui è stato lì, in quella villa, già una volta. Ha imparato bene da Berlusconi, sono tutti suoi figliocci, cresciuti con l’Isola dei famosi, Drive In, sono cresciuti così, che ci vuoi fare...", ha detto Ugo
Sposetti, deputato del Pd ed ex tesoriere dei Ds a La Zanzara su Radio 24, aggiungendo anche lui che "alle primarie devono esserci regole certe per identificare elettori di centrosinistra. Può darsi che quando è stato ad Arcore Renzi ha concordato di chiamare le truppe cammellate del Pdl a votare alle primarie. E poi quel Gori, ma voi avete mai visto un ricco che mette i soldi suoi?".

Più o meno sulla stessa linea il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi che sul suo profilo Facebook ha scritto: "I candidati del Pd sono sempre di più. Per le primarie corrono Bersani, Renzi, Puppato, Civati, Boeri lo aveva detto e la Bindi annunciato. Qualcuno dovrebbe dirgli di smettere. Per dirla in "bersanese": la ditta ha bisogno di una regolata".

"Che Berlusconi faccia endorsement a Renzi non mi interessa molto. Tra Marchionne e gli operai di Pomigliano, Matteo Renzi disse sto con Marchionne. Non mi pare un cambiamento rispetto a quanto visto negli ultimi anni", ha affermato il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.

Critiche nei confronti di Renzi anche da parte dell'ex alleato della Leopolda, Giuseppe Civati, dal 2005 consigliere regionale in Lombardia per il Pd e pronto a candidarsi alle primarie del Pd. "La candidatura di Matteo Renzi è totalmente autoreferenziale. Io ho già fatto un pezzo di strada con lui. Facemmo la Leopolda e una settimana dopo lui andò ad Arcore. Non ne sapevo niente, non ero e non sono d'accordo".

All'interno del Pd tuttavia ci sono esponenti che si schierano apertamente con Renzi. Uno di questi è il senatore Enrico Morando che, in una intervista al Messaggero, ha spiegato che "se l’alternativa si restringe a Bersani o Renzi non ho dubbi: meglio Renzi" perché "non funziona l’idea che noi facciamo i progressisti insieme a Vendola come principale alleato" e si lascia all’Udc "la funzione decisiva di conquistare l’elettorato di centro mentre noi restiamo nello steccato tradizionale della sinistra". Ma è un caso raro.

Gli attacchi e le critiche nei confronti di Renzi sono sempre all'ordine nel giorno del Pd. Dopo che Bersani aveva invitato a non scambiare "per nuove idee che sono un usato degli anni ottanta", dopo che Massimo D'Alema lo aveva definito "inadatto a governare" e dopo che Nichi Vendola lo aveva descritto come “un juke box ambulante delle banalità", piovono ancora bordate nei confronti di Renzi.

Anche Pier Ferdinando Casini, tempo fa, parlando di Renzi aveva osservato che "fa ridere immaginare di mandare Renzi, non Monti, ai vertici dalla Merkel”. Per non dimenticare poi il presidente del Pd, Rosy Bindi (che ha paragonato il sindaco fiorentino a Berlusconi e Beppe Grillo nel senso che "può anche affascinare, ma alimenta lo sfascio”) e Beppe Fioroni che lo ha invitato a "fare bene il sindaco e a sistemare il traffico”.

E poi ancora: Fassina lo classificò ”sindaco per caso ed ex portaborse”, Debora Serracchiani spiegò che “Renzi ha già tutto lo staff di Fininvest con sé” e Orfini disse che “alcune idee di Renzi mi ricordano i paninari”.

Insomma, la paura per Renzi è stata sempre diffusa tra giovani e vecchi dirigenti del Pd. E ora che il rottamatore è stato in un qual modo "benedetto" da Berlusconi, la paura decuplica.

L'imperativo è sempre lo stesso: criticare e contrastare il sindaco fiorentino. Ma almeno adesso il Pd potrà utilizzare la scusa della vicinanza tra Renzi e Berlusconi (nonostante il primo cittadino abbia detto che, in caso di vittoria, il Cavaliere sarebbe il primo rottomato).

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