"C'eravamo tanto amati" La stampa anglosassone adesso scarica Monti

Paragonato alla Thatcher, considerato il salvatore dell'Europa e il leader più riconosciuto a livello internazionale, ora la stampa anglosassone cambia idea su Monti. Dov'è finita la sua credibilità internazionale?

"C'eravamo tanto amati" La stampa anglosassone adesso scarica Monti

C'eravamo tanti amati. E' il titolo della pellicola straniera proiettata nelle sale tipografiche dei giornali stranieri. Guest star del film: Mario Monti. Osannato dalla stampa anglosassone. Considerato, da Oltreoceano, il salvatore dell'Italia.

"L'uomo del nuovo giorno, un beniamino della scena internazionale, un economista severo capace di infondere la fiducia globale di cui l'Italia ha bisogno per uscire dalla crisi finanziaria", scriveva il New York Times nel periodo di insediamento del governo.

Gli faceva eco il Wall Street Journal, secondo cui il Professore “sembra trovare grande consenso a nord delle Alpi e anche al di là dell'Atlantico”. Dalla City londinese a gennaio scorso arrivavano encomi e lodi. Il Financial Times incoronava Monti come “il leader politico più interessante d’Europa da cui dipende il destino del continente”. Il magazine Time gli dedicava la copertina col titolo: “Monti può salvare l'Europa?”.

Una domanda che al momento non ha trovato risposte. Quello che invece è indubbio è che il tempo degli onori per Monti è finito. E gli elogi sono passati in cavalleria, lasciando il posto a critiche, frecciate e bocciature. "Il governo ha perso l'appoggio dei poteri forti", ha sentenziato qualche giorno fa il presidente del Consiglio. Di sicuro ha perso l'appoggio della stampa anglosassone.

La stessa stampa che non ha perso tempo ad incensarlo (prematuramente) e che adesso si affretta a prenderne le distanze. Monti è rimasto solo. La pellicola è cambiata e ora il titolo ha il sapore amaro del “C'eravamo tanto illusi”. Con la crisi economica che attanaglia l'Europa, il Wall Street Journal adesso si domanda: "L'Italia sarà la prossima a cadere?", motivando il dubbio con le "sfide probabilmente insormontabili" con le quali dovrà fare conti Monti in una società e una politica italiana caratterizzata dalle “resistenze al cambiamento”.

Nell'ultimo periodo, il quotidiano americano ha sollevato critiche in merito alla riforma del lavoro, imputando al premier italiano di essersi arreso ai sindacati e alla sinistra (e pensare che in un primo momento aveva paragonato Monti alla Thatcher, salvo poi fare dietrofront). Fino ad arrivare a decretare (martedì scorso) che "l'economia italiana è moribonda", proprio mentre Monti era impegnato in vertice a Palazzo Chigi sulla crisi dell'Eurozona.

Non contento, il giornale d'Oltreoceano ha rincarato la dose poco tempo dopo, pubblicando in prima pagina un articolo in cui spiega come sia finita "la luna di miele tra gli italiani e il premier Monti". Anche l'Economist è andato giù duro, parlando di "preoccupanti segni di arretramento", ricordando al governo Monti che è stato insediato per varare le misure da cui i politici rifuggivano ma che finora ci sono stati scarsi segnali e che Monti, che fino a poco tempo fa era "la reginetta del ballo" disordinato dell'Europa, adesso è diventato il bersaglio preferito di tutti.

E che dire del Financial Times che ha attaccato più volte il presidente del Consiglio intimandogli di "ritrovare lo spirito riformista o è meglio per l’Italia andare a votare" e ritraendo l'Italia come un paese governato da burocrati che pensano solo all'Europa con un governo "litigioso" e con "un primo ministro focalizzato solo sulla scena internazionale"? Commenti amari e caustici.

Come l'ultimo del quotidiano economico britannico che ha titolato in prima pagina con un apocalittico: "Mamma mia, ci risiamo", facendo riferimento alla crisi italiana e lamentando l'inadeguatezza di questo esecutivo e la sua azione fallimentare sia sul fronte del contenimento del debito e del deficit di bilancio sia sulla crescita e sullo sviluppo.

Infine, per fare un salto anche dalle nostre parti, non può mancare all'appello il Corriere della Sera.

Un articolo su tutti: quello sulla spending review, che gli editorialisti Giavazzi e Alesina hanno paragonato a "un timido topolino" paventando il rischio di un “avvitamento in una spirale di tasse, recessione, deficit e ancor più tasse". Insomma, dov'è finita la credibilità internazionale ostentata da Monti e rivendicata da Napolitano? Forse è rimasta nella pellicola di qualche mese fa...

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