Ciancimino e le bufale dell’icona tv antimafia

Dalle carte dei pm di Caltanissetta emerge un ritratto impietoso del figlio dell’ex sindaco di Palermo: era così ossessionato dalla fama da inventarsi dossier pur di andare in onda

Ciancimino e le bufale dell’icona tv antimafia

Chiamatelo «Massimo Ciancimino entertainment & communication». Imbranato addetto stampa di se stesso e sedicente mago del marketing editoriale, il figlio di don Vito è tratteggiato dai pm di Caltanissetta nell’ossessiva e perenne rincorsa di un articolo o di un’ospitata televisiva. Le carte della nuova inchiesta su via d’Amelio sono impietose. Da un lato, Ciancimino rilascia confessioni-bomba (smentite alla prova dei fatti) e dall’altro contatta gli amici di quotidiani e tv cui rivela «il contenuto di verbali coperti da segreto investigativo, non lesinando commenti del tutto gratuiti e irridenti verso gli inquirenti».

Come quando, al telefono con un cronista di un settimanale, annuncia riferendosi a una toga «Oggi gli do una polpetta», ovvero «Oggi gli consegno un documento». Ciancimino coi mass media usa la tecnica dell’acquolina. Contatta un primo cronista, «cui vengono rivelate varie notizie», poi telefona ad «altri di varie testate e... racconta l’argomento dell’interrogatorio... fin quando, consapevole dell’interesse suscitato… dà un freno… affermando di non potere aggiungere altro poiché il tutto è segretato...». Il vero motivo, invece, è «non fornire in una unica soluzione le notizie» e «lasciare... una forte attrattiva per ulteriori rivelazioni».

«Altre volte, invece, Ciancimino lascia intendere al giornalista contattato che quanto dallo stesso riferitogli sia un’esclusiva, mentre, in realtà, le stesse notizie le ha già fornite ad altri cronisti, creando anche un forte scompiglio tra gli stessi». E quando davvero la regala, un’esclusiva, su Berlusconi, ovviamente, per placare i cronisti imbufaliti, s’inventa «storie inverosimili» condite da lacrime (di coccodrillo). Tutto questo trama e organizza, Ciancimino, senza sapere di essere intercettato.

Quando straparla di 007 immaginari chiamati Franco o Carlo lui non se l’aspetta mica di avere la Dia alle calcagna. Tanto che, in alcune conversazioni spiate, si lascia andare: «L’hai vista la trasmissione? Sono un’icona per loro!». È un drogato di protagonismo. «Io ormai sono... come Mastrota, fra un po’ vado in tv a vendere le pentole...». Ha l’agenda piena: «Ogni giorno sono in tv, perfetto no?! Venerdì sono ad Annozero».
Ogni occasione è buona per un po’ di pubblicità. Il figlio Vito Andrea viene minacciato? Bene, anzi ottimo. «Ciancimino non si preoccupa realmente della sicurezza del figlio», scrivono i pm, «ma cerca di sfruttare al massimo il riscontro mediatico... chiama tutti i giornalisti a lui vicini e solo in ultimo i magistrati ed il suo avvocato». La storia servirà ad «aumentare le vendite del suo libro», tant’è che all’editor della “Feltrinelli” che lo contatta per sapere se davvero intenda ritirare il volume dal mercato, il figlio di don Vito spiega che si tratta di una furbata per «fare pubblicità». E, appena un giornalista gli rinfaccia di aver così esposto ancor di più il figlio, ha la sfacciataggine di negare. Dove però Ciancimino è imbattibile è nei racconti sul «papello».

Sono centinaia le telefonate imbarazzanti con giornalisti di grido. «La madre di tutte le produzioni», la chiamano i pm. Una storia «propagandata su tutti i quotidiani e gli organi di stampa da Ciancimino» che ha avvelenato i pozzi rendendo quasi impossibile il lavoro di riscontro dei fatti. Con una mano dà e con l’altra toglie, il rampollo corleonese. «Se a questo si aggiungono le alluvionali dichiarazioni... e i contrasti talvolta inspiegabili esistenti tra alcune delle sue dichiarazioni, ulteriormente complicate dalla gestione mediatica che di queste dichiarazioni è stata fatta sempre per autonoma scelta di Ciancimino (che spesso ha fornito la documentazione rilevante prima alla stampa e successivamente alla autorità giudiziaria)» il risultato è un’indagine depotenziata dallo «stesso testimone». Un atteggiamento sclerotico, che ha fatto nascere «un processo pubblico che ha interferito, e continua ad interferire, sulle indagini in corso, con la partecipazione del Ciancimino a ripetute manifestazioni pubbliche e trasmissioni televisive, nonché con la pubblicazione di un libro». Tutto, insomma, è finalizzato alla «spettacolarizzazione delle sue dichiarazioni (da lui medesimo voluta)».

E se non lo cercano (ed è raro), è Ciancimino che va a caccia di cronisti. È il caso di un giornalista a cui racconta in tempo reale delle sue deposizioni su Berlusconi ai pm di Palermo, soffermandosi sui «contatti che questi aveva con il padre» ma aggiungendo, un attimo dopo, che «si starebbe confondendo». E, per intorbidire ancor di più le acque, «rilascia una intervista “rassicurante” in cui dice che il Cavaliere “era una vittima”». Ma c’è un titolo che proprio non vorrebbe leggere.

Lo spiega a un signore vicino alla ‘ndrangehta parlando di fatture false e soldi lasciati «a fare la muffa»: «I contanti per me sono carta straccia... Io vado su tutti i giornali del mondo: (se esce il titolo, ndr) “Ciancimino è andato a recuperare il tesoro” sono rovinato». Ma va?
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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