Col marchio "mafia" affari a raffica

In tutto il mondo chi usa questo "logo" riscuote successo

Col marchio "mafia" affari a raffica

La mafia? Un business. E non soltanto per i mafiosi. È sempre più folto l'esercito di chi campa grazie ai mammasantissima, in grado di far girare semplicemente col loro nome un'economia legale la cui unica macchia resta quella etica. Indelebile, secondo i duri e puri dell'antimafia, critici verso chi fa affari eternando capi e picciotti e sminuendo (dicono) il sacrificio dei tanti eroi civili morti per contrastarli. Inesistente, a detta di chi la storia la vede da un'altra angolazione: guadagnare legalmente al rimorchio degli uomini d'onore, ridicolizzandoli e dunque demolendone il prestigio. Di certo c'è che quando di mezzo c'è la Piovra i soldi scorrono a fiumi. Secondo la Commissione parlamentare antimafia, i ricavi annuali di Mafia spa ammonterebbero a 150 miliardi. Nessuno però s'azzarda neppure a fare i conti in tasca a chi di mafia vive senza essere mafioso e neppure suo simpatizzante. In principio furono il cinema e la televisione: denuncia, impegno civile e, inevitabilmente, profitti. A seguire, come i cercatori d'oro ai tempi del Klondyke, sono arrivati tutti gli altri. A Corleone va forte l'Amaro del Padrino. Su internet furoreggia una linea d'abbigliamento totally mafious. In consolle vanno per la maggiore i videogiochi con i boss protagonisti. In Minnesota come in Polonia, invece, la mafia è l'emblema di pizzerie talmente orgogliose del proprio brand da spenderlo anche in rete (cliccare per credere: mafiapizzeria.com e mafia.zgora.pl). In Romania la mafiosa la portano a domicilio, mentre a Ipanema la si può gustare ai tavoli d'uno dei locali più rinomati del quartiere carioca: Il Padrino. E se persino a La Paz, in Uruguay, esiste la pizzeria Camorra (che naturalmente serve l'omonima pizza), non c'è da meravigliarsi se in Spagna la Mafia, intesa come catena di ristoranti che da 14 anni fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari (Vito Cascio Ferro, Lucky Luciano, Al Capone, giusto per citarne qualcuno), dia lavoro a centinaia di persone. Ma poiché non di solo pane vive l'uomo (e figurarsi chi dell'uomo fa commercio), c'è chi ha pensato di seguire il filone culturale. Così a Las Vegas ci si mette in fila per entrare al museo dell'Onorata Società, che Vittorio Sgarbi aveva già trasformato in realtà già negli anni in cui, da sindaco di Salemi, insieme al suo assessore Oliverio Toscani della mafia aveva fatto pure un marchio registrato per «ribaltare il rapporto, chiedendo il pizzo a chi userà impropriamente il marchio». Non è il caso del gruppo antimafia Pio La Torre, che a gennaio ha promosso il tour nei luoghi simbolo della colonizzazione mafiosa nella Riviera romagnola. Intento nobile, ma per nulla originale: Addiopizzo travel (e tante altre agenzie turistiche) di Cosa Nostra ha fatto pacchetti. Turistici. Comprendono il viaggio nei luoghi pizzo free e il programma per gli studenti: 5 giorni con pensione completa in albergo a 3 stelle «visitando i luoghi più significativi e rivivendo le tappe di una lotta che si sta tuttora combattendo e che si vuole vincere». Nell'itinerario figurano Monreale, Palermo (con visita a casa Borsellino), Partinico, Capaci, Cefalù, Caccamo, Corleone, Portella della Ginestra.

«La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine», ripeteva Giovanni Falcone. Se e quando la sua profezia si avvererà, nel mondo ci saranno finalmente giustizia e libertà, ma anche qualche migliaio di onesti disoccupati in più.

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