Il Colle salva Saccomanni dalla rottamazione

Forte dello sponsor, il ministro dell'Economia è pronto a resistere al pressing dei renziani. A rischio anche Giovannini

Il Colle salva Saccomanni dalla rottamazione

Roma - È bastato che Matteo Renzi varcasse (da ospite) il portone di Palazzo Chigi per congelare la fase tafazziana (copyright di un ministro) tra Pd e governo. Le polemiche sembravano cristallizzate. E così doveva restare - secondo gli accordi - fino a lunedì, quando la Consulta renderà pubbliche le motivazioni che l'hanno portata a bocciare il premio di maggioranza contenuto nel Porcellum.
La tregua, però, è durata poco. Nel pomeriggio, nonostante le rassicurazioni di Renzi a Letta («non voglio far saltare il patto di maggioranza») le fibrillazioni sono tornate a salire. E sempre ad opera dei renziani; nonostante le aperture di Letta a non escludere l'eventualità di un rimpasto. «Parleremo di tutto».
Secondo Dagospia, però, Letta avrebbe confidato a Renzi che in caso di rimpasto Fabrizio Saccomanni rimarrebbe al suo posto, in quanto - secondo la ricostruzione - il ministro dell'Economia è accreditato (come riconosce anche l'Unità) «del gradimento del Quirinale».
Se Letta abbia o meno fornito queste indicazioni a Renzi lo sanno solo loro due. Di certo, non sembra che abbia convinto i renziani ad abbassare la guardia nei confronti del ministro. E nel complesso, nei confronti del governo.
Davide Faraone, responsabile di Scuola e Welfare nella segreteria del Pd (l'uomo che ha fatto esplodere il «pasticcio» delle trattenute agli insegnanti), torna infatti ad attaccare Saccomanni. Faraone giudica «sconcertante» che due mesi dopo l'approvazione del decreto Istruzione, il ministero dell'Economia non abbia ancora provveduto a regolarizzare la posizione dei 4.447 insegnanti di sostegno che, da precari, devono essere immessi nei ruoli. «Il ministro - osserva il deputato - firmi immediatamente il decreto, oppure spieghi le ragioni per cui non si è proceduto ad un atto dovuto». È bastata questa dichiarazione che il ministero dell'Economia annunciasse la firma del decreto in questione da parte del ministro.
Pur avendo sponsor «di peso», Saccomanni punta a scaricare i ritardi segnalati dal Pd sulle spalle della burocrazia del ministero dell'Economia. Burocrazia che Saccomanni ha deciso di «stimolare personalmente» (leggi, strigliare). Tant'è che lunedì prossimo avrebbe in animo di convocare i responsabili delle agenzie fiscali per chiedere maggiore collaborazione nell'attività di governo, al fine di evitare pasticci, come quello sulla scuola.
Ma non è solo l'operato del ministero dell'Economia al centro dell'attenzione di Faraone. Nel mirino entra anche Enrico Giovannini, ministro del Lavoro che - agli occhi della segreteria Pd - è colpevole di aver criticato il Jobs act di Renzi. «Anziché commentare le iniziative degli altri - sottolinea Faraone - il ministro dovrebbe prendere iniziative sue».
In attesa di inserire nel «contratto di coalizione» per il 2014 il codice di comportamento, annunciato da Letta, fra ministri e forze politiche, Maria Elena Boschi rilancia che «la legge elettorale non è nel patto di governo: è un tema prettamente parlamentare». Come a dire: parliamo con tutti. Ma soprattutto con Forza Italia.


Ne consegue che il Nuovo centrodestra non può pretendere uno ius primae noctis sulla riforma elettorale, in virtù della presenza in maggioranza. E su Twitter, Roberto Giachetti sintetizza: «Ncd prova ancora a perdere tempo», sulla riforma elettorale. Il governo ne resti fuori. Niente scherzi»: voto alla Camera «entro gennaio».

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