Effetto Masterchef Tutti ai fornelli per un sogno stellato

Complici il programma tv (e la crisi)  è boom d'iscrizioni nelle scuole di cucina I cuochi famosi, però, sono un'élite: per gli altri molta fatica e poca gloria

Effetto Masterchef Tutti ai fornelli per un sogno stellato

È come quando ci sono le partite della Nazionale e diventano tutti allenatori di calcio: ora sono tutti chef. La mania dei piatti ricercati impazza. Non solo tra donne: il guaio è che pure gli uomini si atteggiano a cuochi stellati. Così, all'improvviso, l'amico che a stento sapeva fare un uovo al tegamino vuole insegnarvi i segreti dell'anatra all'arancia. E l'ex fidanzato, uno abituato a cenare con cracker e tonno in scatola, vi tiene venti minuti al telefono disquisendo della differenza tra una torta salata e una quiche lorraine, mentre voi vorreste solo ricordagli che vi ha trattato da schifo e dovrebbe pagarla per il resto dei suoi giorni. A cosa è dovuta questa metamorfosi collettiva, cos'è questa evoluzione di massa verso l'alta cucina, questa mania globale per cui fare il brodo con il dado è diventato un fatto penalmente rilevante? Tutta colpa di Masterchef, il talent show culinario giunto alla seconda edizione che, complici gli chef mondiali Bruno Barbieri, Carlo Cracco e Joe Bastianich in veste di giudici, è stato il successo televisivo dell'anno (la finale di giovedì scorso ha tenuto in media un milione e 45mila persone incollate alla tv). E ci ha ricordato che il made in Italy si vede anche tra i fornelli.

Risultato: negli ultimi dieci anni gli iscritti alle scuole superiori con indirizzo alberghiero sono passati da 117mila a 158mila, ma è nelle accademie private che c'è stato il vero boom. Numero degli iscritti raddoppiato in cinque anni, ad esempio, all'Istituto Etoile, che insieme alla scuola Alma di Parma è una delle più prestigiose accademie di cucina.

«Trasmissioni come Masterchef influiscono positivamente», ammette il presidente Rossano Boscolo. Merito del piccolo schermo, ma non solo: incide anche «la scarsa formazione pratica delle scuole alberghiere di oggi: chi ha la passione e vuole davvero fare questo lavoro oggi sceglie di frequentare un'accademia». E, soprattutto, pesa la crisi economica. Boscolo rivela un dato choc: «Il 70 per cento dei nostri iscritti sono laureati, hanno studiato sociologia, ingegneria, architettura, abbiamo persino giovani avvocati (lo è anche Tiziana Stefanelli, la vincitrice di MasterChef, ndr)». Gente con la passione per la cucina, «consapevole che certe professioni oggi non sono più tanto remunerative, che magari incoraggiata dalla tv decide di fare il "salto"».

Costoso, peraltro: il corso di cinque mesi, compresi alloggio nel campus e stage in ristoranti stellati (con vitto e stanza, ma senza rimborso spese) si aggira sui 15mila euro. Un bell'investimento, anche perché non è che si può diventa tutti Gualtiero Marchesi, e tra le star della cucina e un cuoco di livello medio ce ne passa. Più si scende di livello, più si abbassano gli stipendi e si allungano gli orari di lavoro: così, se il grande chef arriva anche a 7mila euro al mese e fa la bella vita dispensando consigli in convegni e programmi tv, chi fa il mestiere a livelli normali porta a casa in media 1500 euro mensili, trascorrendo tra pentole e fornelli 10 ore al giorno per cinque giorni a settimana. Niente piatti gettati all'aria perché non perfetti o sperimentazioni molecolari alla Ferràn Adrià: gli ingredienti del cuoco nella vita vera sono sacrificio e passione. Non a caso anche tra chi frequenta le accademie c'è un 5 per cento che molla «perché pensava fosse diverso», spiega il presidente dell'Etoile. Che aggiunge: «Se sta rifiorendo la cultura culinaria italiana è anche grazie a chef come Massimiliano Alaimo, Moreno Cedroni o Massimo Bottura, che indossano con grande professionalità la giacca che portano».

Dando lustro a una tradizione che, in fondo, è da sempre nel nostro dna: dalle nonne che facevano la pasta in casa alle mamme che si scapicollano dall'ufficio per mettere polpettone e patate in forno. Ci voleva Masterchef per ricordarcelo, ma il lavoro vero è questo, mica uno show.

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