Errani rischia 11 mesi Oggi arriva il verdetto

Pesante richiesta dei pm per l'accusa di falso. Il governatore vuole e ottiene il rito abbreviato: così lo giudica una toga rossa

nostro inviato a Bologna

Teso e nervoso, l'imputato Vasco Errani lascia l'aula di giustizia alle 17.30: vi era entrato alle nove e mezzo. Otto ore davanti al giudice che questa mattina alle 10 comunicherà se lo ritiene innocente o colpevole del reato di falso. Un giorno intero in tribunale per il governatore Pd dell'Emilia Romagna, seduto accanto all'avvocato Alessandro Gamberini, immobile e muto.

«Aspetto con serenità e rispetto la decisione del giudice», sono state le uniche parole di Errani appena uscito nel cortile del tribunale di Bologna. Nemmeno la forza di dire che cosa farà se dovesse essere condannato, come invece aveva fatto pochi giorni fa un altro governatore di sinistra: il pugliese Nichi Vendola (poi assolto) si sarebbe ritirato dalla politica. Condanna a dieci mesi e 20 giorni, senza le attenuanti: è la pena chiesta dal procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, che in aula ha sostenuto l'accusa accanto al pm Antonella Scandellari. Una presenza, quella di Alfonso, che sottolinea l'importanza data dalla procura a questo caso. Vasco Errani sarebbe colpevole di falso, accusa pesante per un amministratore del suo calibro, presidente di regione, presidente della Conferenza delle Regioni, braccio destro del segretario Pd Pier Luigi Bersani. Il processo riguarda le presunte irregolarità dei finanziamenti concessi dalla Regione alla cooperativa rossa Terremerse guidata da Giovanni Errani (nel tondo), fratello maggiore di Vasco.

Giornata carica di tensione, anche se il gup Bruno Giangiacomo (tra i leader di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe) finora ha mostrato molta attenzione alle tesi della difesa. Quella di ieri doveva essere un'udienza preliminare per decidere se archiviare o rinviare a giudizio nove indagati nello scandalo Terremerse: sei persone per truffa aggravata (tra cui Errani senior, progettisti e costruttori di una cantina vinicola probabilmente abusiva, funzionari della Regione); altre tre, Vasco Errani e due stretti collaboratori regionali, per aver inviato alla procura documenti ritenuti falsi nell'intento di coprire l'operato del fratello e i mancati controlli dell'ente locale. Come previsto, in apertura di udienza il legale di Giovanni, Gaetano Forte, ha chiesto un rinvio. Ne ha facoltà: Forte è di Ferrara e la legge consente agli avvocati delle zone terremotate di fare slittare al 2013 i loro casi. A quel punto il difensore di Vasco ha chiesto il giudizio abbreviato, cioè di aprire immediatamente il processo. Per il governatore sarebbe stato imbarazzante presentarsi davanti al giudice a ridosso della campagna elettorale. Meglio farsi giudicare subito da un esponente di Magistratura democratica come il dottor Giangiacomo.
Per prassi il tribunale di Bologna non concede facilmente questi stralci: si preferisce tenere unito il procedimento. Il pubblico ministero ha dato parere negativo alla richiesta della difesa di Errani. Ma dopo una breve camera di consiglio il gup Giangiacomo ha accolto l'istanza e alle 11.30 ha aperto il processo al governatore e ai due collaboratori accusati di falso, mentre per gli accusati di truffa aggravata tutto è rinviato al primo febbraio 2013. La prima schermaglia giudiziaria è stata appannaggio di Errani. L'udienza si è svolta a porte chiuse, ma il procuratore capo ha sottolineato che un processo a porte aperte sarebbe stato «un gesto di trasparenza». Alfonso, a quanto si è appreso, ha detto che era dovere della procura indagare: se avesse archiviato subito, probabilmente il gip avrebbe chiesto ulteriori accertamenti. E gli elementi emersi hanno convinto la pubblica accusa a chiedere prima il rinvio a giudizio e poi la condanna di Errani.

Richiesta pesante: in origine era di 16 mesi (un anno per il reato di falso e 4 mesi per le aggravanti) ridotti di un terzo per il rito abbreviato. I legali di Errani e degli altri due imputati hanno chiesto l'assoluzione per i loro assistiti perché il fatto non sussiste e, in subordine, per non aver commesso il fatto.

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