Altro che scuse. Il comunista Oliviero Diliberto si nasconde dietro al dito: "Non me ne ero proprio accorto". Eh già, quella scritta bianca La Fornero al cimitero - che fa raggelare il sangue a leggerla, figuriamoci portarla su una maglietta nera durante un corteo - gli è passata sotto il naso e non se n'è accorto (leggi l'articolo). "Eravamo davanti a Palazzo Chigi a protestare a difesa dell'articolo 18 e abbiamo portato la nostra solidarietà ai lavoratori che ci hanno chiamato a gran voce ed esposto il dramma che stanno vivendo", ha spiegato questa mattina Flavio Arzarello, portavoce del segretario Pdci. Ma il caso è già scoppiato. Perché una scritta come quella fa crescere un orrore sin dentro alle fiscere perché richiama un passato (neanche troppo lontano) fatto di slogan e di morti ammazzati.
La Fornero al cimitero. Una lezione che a sinistra non vogliono imparare. Due giorni fa tutti quanti a commemorare il giuslavorista Marco Biagi ammazzato dalle Nuove Brigate Rosse il 19 marzo del 2002, ieri quella brutta fotografia che ha subito fatto il giro delle televisioni e dei giornali. Sono passati dieci anni da quando Biagi fu freddato sotto casa, mentre rientrava dal lavoro. Giustiziato da un commando brigatista a causa di una legge che porta il suo nome e che è servita a ristrutturare il mercato del lavoro. Dieci anni e i toni non sembrano affatto cambiare: La Fornero al cimitero. E i flash dei fotografi sotto Palazzo Chigi a immortalare il segretario del Pdci che abbraccia una signora mentre protesta contro il ministro del Welfare Elsa Fornero che, durante un vertice con le parti sociali, sta trattando le modifiche sull'articolo 18. E il fantasma ritorna. Come dieci anni, fa. "Mentre l’Italia ricorda l’uccisione di Marco Biagi da parte delle Brigate Rosse un fatto del genere è ancora più grave", ha subito tuonato il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri denunciando pubblicamente sia i toni della protesta sia il ruolo svolto da Diliberto.
Lapidario il commento della Fornero. Il ministro si è limitata a esprimere "profondo disgusto e sdegno". "Un ex membro del parlamento italiano non sia legittimato a parlare di norme di civiltà quando adotta simili comportamenti - tuona la titolare del Welfare - l'ex deputato ritratto in quella fotografia di certo non era degno di nessuno dei ruoli pubblici ricoperti". Il fatto che Diliberto abbia infatti rivestito il ruolo del Guardasigilli carica di maggiore tensione il significato della fotografia. "Da un ex ministro della Repubblica era lecito aspettarsi più responsabilità", ha commentato il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi alla cui memoria torna il sacrificio di tutte quelle persone ammazzate da carnefici che, da troppo tempo, si nascondono dietro alla giustificazione dei "compagni che sbagliano". D'altra parte proprio Roberto Maroni, al tempo ministro del Welfare, ha raccontato che con Biagi è iniziata allo stesso modo, "con una sinistra intollerante che in piazza istigava all’odio e alla violenza". "Diliberto si scusa, ma solo dopo essere stato preso con le mani nel sacco - ha concluso l'esponente leghista - a proposito di cattivi maestri...".
A lungo Diliberto è rimasto in silenzio. Da anni non saliva alla ribalta della cronaca politica. Il trionfo schiacciante di Silvio Berlusconi alle ultime elezioni aveva azzerato la presenza della sinistra estrema dai palazzi romani. Da quando si è insediato il governo tecnico, però, sono tutti rispuntati fuori come funghi. C'è aria di elezioni. Ed ecco pure Diliberto. Fotografia e slogan, annessi. Poi le mezze scuse: "Vorrei tranquillizzare tutti.
Ieri la foto in questione, durante il presidio per l’articolo 18, è stata fatta perché la figlia di quella lavoratrice ha dato un esame all’università con me e ha preso 30. È ovvio che non mi ero accorto della maglietta e me ne dispiaccio". Insomma, il segretario del Pdci fa pure il finto tonto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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