Il governo assume un hater del centrodestra

Antonello Valentini consigliere del ministro dello sport Abodi. Quanti post contro Giorgia Meloni e Matteo Salvini

Antonello Valentini
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Una frase secca: «Ho sempre votato per il centrosinistra». Poi, a scanso di equivoci: «Non condivido niente di una certa destra e delle idee di certi personaggi ora al governo del Paese».
Non proprio un endorsement per Giorgia Meloni e il suo esecutivo. Eppure da ieri, mercoledì 31 maggio, Antonello Valentini è nello staff del ministro dello sport Andrea Abodi. È stato infatti nominato consulente per le strategie dell’informazione e darà una mano proprio a quelli che sui social erano i suoi bersagli. Ecco, che per esempio, il 10 agosto 2022, scriveva sarcastico a proposito dell’uso del concetto di patriota da parte della leader di FdI: «Meloni, piano con le parole. Appropriazione indebita di vocabolo». E aggiungeva: «In una campagna elettorale rovente, piena di slogan e di parole d’ordine, per Giorgia Meloni si dovrebbe configurare una nuova fattispecie del reato di appropriazione indebita».

Bordate, talvolta, incartate nell’ironia che non hanno impedito il «matrimonio» con la squadra di Meloni e in particolare con il team di Abodi. La riprova che le capacità professionali, e quelle di Valentini sono fuori discussione, aprono porte che secondo la vulgata corrente dovrebbero essere chiuse a doppia mandata. Ma forse non sempre è così, a maggior ragione nei giorni in cui imperversa il carosello delle nomine Rai e si parla di occupazione della tv pubblica da parte dei colonnelli del premier. Meloni onnipresente, Meloni e il centrodestra che fanno e disfano, Meloni che umilia le voci dissonanti costrette a cercare rifugio altrove, mentre circolano calembour perfidi del tipo: traslocheRai. Sarà tutto vero, ma è altrettanto certa quest’altra narrazione, sorprendente per chi ha un’immagine stereotipata dello spoils system e della logica ferrea delle lottizzazioni.

Valentini è un giornalista di lungo corso dal curriculum inattaccabile e questo è stato ritenuto più che sufficiente per superare il muro dell’ideologia. È stato in Federcalcio, come capo ufficio stampa e poi come direttore generale. Insomma, è uno che la macchina del football la conosce bene ed ha avuto incarichi di responsabilità in postazioni di prima linea. Non basta, perché prima ancora era stato al Corriere della sera e in Rai, alternando telecronache e conduzione. Un mix perfetto che ora, a 71 anni, gli vale quella poltrona pesante. E almeno dalle parti di Abodi non hanno rilievo quei post barricadieri, da fiero oppositore che mai, solo qualche mese fa, avrebbe pensato di entrare nel cerchio del ministro dello Sport di quel governo che per lui era un target fisso.

Altro che censura. Qualcuno penserà che è l’eccezione che conferma la regola. Ogni interpretazione è legittima, ci mancherebbe, ma intanto è interessante allineare i fatti in una settimana dominata dalle polemiche sulla partigianeria delle nomine. La sua, certo, rompe gli schemi ed è un segnale positivo per un Paese spaccato e dominato dal sospetto. Il 15 ottobre 2022 componeva questo sarcastico quadretto: «Per glorificare e ripulire l’azione di Lorenzo Fontana a presidente della Camera, si affannano a dichiarare che è a favore del Papa. Bisogna vedere se il Papa è a favore di Fontana».

L’11 novembre scorso però si smarcava con parole inequivocabili davanti allo spettacolo indecente di un manichino della Meloni a testa in giù: «Ho sempre votato per il centrosinistra. Non condivido niente di un certa destra e delle idee di certi personaggi ora al governo, ma questa non è politica. Questa è solo violenza».

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