"Boia chi molla, presidente Boldrini, boia chi molla, e noi non molleremo fino alla fine", è questo l'urlo che Angelo Tofalo, deputato del Movimento 5 Stelle, ieri ha rivolto nei confronti del presidente della Camera Laura Boldrini. Tofalo si è sfogato prima che riprendesse l’esame del dl Imu-Bankitalia su cui l’opposizione pratica ostruzionismo. La frase scandita dal parlamentare ha scatenato la polemica, perché "Boia chi molla" è uno storico slogan della destra anni 70, ma tutt'ora in voga. Il "Boia chi molla" fu sdoganato al grande pubblico nel 1970, durante i moti di Reggio Calabria capitanati dal sindacalista della Cisnal e senatore missino Ciccio Franco. Da allora è diventato, a tutti gli effetti, uno dei simboli della destra italiana. E, proprio per questa sua colorazione politica, è stato spesso messo al bando dai giornali e dalla pubblica opinione. Non più tardi di dieci anni fa, Gigi Buffon, allora portiere del Parma, finì nel tritacarne mediatico per aver esibito in campo una maglietta con la scritta "Boia chi molla". Questa la storia recente di uno slogan di successo che negli ultimi quarant'anni è stato spesso scandito durante i cortei di destra ("Boia chi molla è il grido di battaglia, contro il sistema la gioventù si scaglia" è la versione del motto utilizzata sia dal Fronte della Gioventù che dal Fuan). Ma, in realtà, c'è un'altra "storia" che farebbe risalire l'origine di questo discusso slogan addirittura alle barricate della Repubblica partenopea. Sarebbe stata, infatti, Eleonora de Fonseca Pimentel a coniare il "Boia chi molla" nel 1799.
E Tofalo, per allontanare le critiche, ha affremato di essersi riferito proprio alla versione della Pimentel. Ma la polemica ormai è innescata e la sua esternazione arriva a ventiquattr'ore di distanza da un altro - e ben più feroce - "boia" rivolto verso il colle più alto di Roma.
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