I comuni snobbano la caccia all'evasore. Il 97% non partecipa

"Piuttosto che niente, è meglio piuttosto", recita un vecchio adagio. Non ditelo ai Comuni italiani, sempre a battere cassa allo Stato ma incapaci di segnalare se qualche loro concittadino è un sospetto evasore

I comuni snobbano la caccia all'evasore. Il 97% non partecipa
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«Piuttosto che niente, è meglio piuttosto», recita un vecchio adagio. Non ditelo ai Comuni italiani, sempre a battere cassa allo Stato ma incapaci di segnalare se qualche loro concittadino è un sospetto evasore. Fino al 2021, quando incassavano il 100% del sommerso riscosso, gli alert su all'amministrazione finanziaria erano pochine ma c'erano. Da un anno a questa parte lo Stato è tornato a pretendere mezza fetta di questa torta e il risultato è che il 97% dei Comuni hanno fatto spallucce. Lo si capisce dalla cifra irrisoria - appena 3 milioni di euro divisi per 253 amministrazioni - che è stata recentemente restituita al 3% dei Comuni per il loro «lavoro» di 007 del Fisco nel 2022.

Basti pensare che, come riporta l'analisi del Centro studi enti locali (Csel) pubblicata dall'Adnkronos, dieci anni fa i Comuni coinvolti erano il doppio (517) e il tesoretto era il triplo, cioè 10 milioni, al 100% restituiti, con un record di oltre 13 milioni nel 2016. Su 100 euro recuperati, 85 sono finiti al Nord (876.096 alla Lombardia e 896.341 euro alla Liguria), 11 al Centro (con l'Emilia-Romagna regione più virtuosa con 60 Comuni coinvolti, uno su sei, ma «solo» 526.792 euro recuperati) e appena tre al Sud. Zero euro sono finiti a Basilicata, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta, dove non un singolo Comune ha contribuito a recuperare somme sottratte al fisco dai propri cittadini, né nel 2022 né del 2021. «Colpa della generale impopolarità delle operazioni antievasione», recita l'analisi del Csel, ma anche della burocrazia, perché «mancano dipendenti qualificati e risorse strumentali e tecnologiche adeguate» al tipo di segnalazione richiesta.

Poi ci si lamenta che in questo Paese non si combatte l'evasione fiscale. A giorni scade la Rottamazione Quater - le domande andavano presentate entro il 30 giugno 2023 - e chi ha sbirciato il montante che potrebbe essere incassato dallo Stato storce il naso. A molti sono già arrivate le comunicazioni con l'importo dovuto, le scadenze e i bollettini. C'è il rischio che anche questa rottamazione fallisca come le precedenti perché le rate sono troppo poche, troppo alte e troppo ravvicinate, come lamentano da sempre i commercialisti, che denunciano anche l'effetto cartelle pazze che si è abbattuto sui contribuenti dopo la fine dell'estate.

Per non parlare di chi è rimasto a bocca asciutta: l'Agenzia Entrate Riscossione, entro il 30 settembre 2023, doveva rispondere sì o no. In molti stanno ricevendo o hanno ricevuto il rigetto o l'accoglimento parziale della rottamazione, il che significa perdere i benefici della sanatoria in termini di risparmio su sanzioni e interessi che la definizione agevolata garantisce. I professionisti sono pronti a impugnare il diniego (l'alternativa è pagare...) entro 60 giorni alla Corte di giustizia tributaria di primo grado per Irpef, Iva o Irap o al giudice ordinario. «Le opposizioni saranno migliaia», dice al Giornale l'avvocato Claudio Defilippi, che denuncia le cartelle pazze ricevute da alcuni dei suoi assistiti. Cartelle condonate e trascritte dal 2000 e 2015, inferiori a mille ma anche superiori, con intimazioni a pagare per cartelle ormai inesigibili.

D'altronde, dentro l'ex Equitalia la confusione regna sovrana, A dicembre 2022 il totale di imposte non riscosse è arrivato a superare 1,153 miliardi, qualcosa come 40 Finanziarie, divisi in 172 milioni di cartelle, come se ogni italiano avesse tre cartelle a testa. Di questi 1,153 miliardi - come ha ammesso il direttore generale dell'Agenzia Ernesto Ruffini - solo il 9% è realmente esigibile. E siamo a 100 milioni e rotti. Se anche la Rottamazione Quater dovesse andare a buon fine, sarebbe ragionevole pensare di incassare un terzo di questi 100 milioni, e in cinque anni. È il fallimento di tutto il meccanismo della riscossione, tanto che questo esecutivo ha intenzione di riformarlo con la legge delega in mano al viceministro dell'Economia Maurizio Leo.

Vale la pena tenere in piedi questo baraccone, lasciare gli italiani sulla corda per cartelle vecchie, condonate e inesigibili, se anche i Comuni non hanno né tempo né voglia di stanare gli evasori? Al Parlamento l'ardua sentenza.

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