Il ponte era già crollato: una sconfitta del Paese

L'architetto Fernando De Simone specializzato in costruzioni sotterranee: "Il problema più grave è la mancanza di manutenzione". Molte le opere a rischio

Il ponte crollato sulla provinciale Oliena-Dorgali
Il ponte crollato sulla provinciale Oliena-Dorgali

D'accordo, il ciclone. D'accordo, in un giorno è piovuto quanto in sei mesi. D'accordo, più di qualcuno non ha tenuto nella giusta considerazione le previsioni meteo catastrofiche. Ma basta tutto questo per giustificare il crollo del ponte sulla provinciale Oliena-Dorgali? Basta per spiegare la morte dell'agente di polizia Luca Tanzi, 44 anni, finito nel vuoto con l'auto di servizio mentre stava scortando un'ambulanza? Basta per giustificare il crollo a Olbia di un altro ponte che aveva già collassato alcuni anni fa?

«No, non basta di sicuro - risponde l'architetto Fernando De Simone, specializzato in costruzioni sotterranee, sottomarine, ingegneria sismica e trasporti -. I ponti che facevano i romani non crollavano mai e non certo perché nei tempi antichi non ci fossero le calamità naturali».

E allora perché oggi crollano come se fossero di cartapesta?
«In primo luogo perché non c'è una manutenzione adeguata».

I romani avevano una manutenzione adeguata?
«Hai voglia. Ma non solo i romani. Penso solo a Venezia e alla manutenzione dei canali. Se succedeva qualcosa a causa della cattiva manutenzione, il responsabile veniva impiccato in piazza San Marco».

Senza ricorrere all'impiccagione, cosa si potrebbe proporre per questa Italia sbriciolata da alluvioni e cicloni?
«Ci sarebbe un sistema semplice, poco costoso, che darebbe lavoro a quelle piccole imprese capaci, in possesso dei requisiti necessari. Perché in Italia, mi creda, ci sono tante piccole imprese che fanno ricerca in proprio, che sono all'avanguardia...».

Sì, ma come possono essere sfruttate per prevenire simili disastri?
«Dice bene, prevenire. Questi disastri si possono prevenire. Ogni Comune potrebbe affidare, pagando un canone annuo, il servizio di manutenzione a una di queste imprese poco pubblicizzate ma molto efficaci. Invece spesso si passa per grandi appalti ai soliti carrozzoni».

I Comune devono rispettare certe regole...
«Per carità, so bene che i Comuni sono alla canna del gas. Poi succede che se si risparmia su questi servizi, se si chiude un occhio sull'effettiva professionalità di chi deve garantire la manutenzione, ci tocca pagare il doppio o il triplo al prossimo uragano».

Prima accennava ai ponti moderni. Che hanno di diverso rispetto a quelli degli antichi romani?
«Ha presente il ponte di Calatrava?».

Come no.
«Ecco, quello è il modo migliore per cercare rogne».

Fatto male?
«Direi concepito male. Come molti altri che sono stati fatti in questi ultimi anni. Eppure è tanto semplice. Per capire come i romani progettavano un ponte, basta disegnare un cerchio su un foglio e dividerlo in due tracciando il diametro».

Parliamo di statica?
«Il punto è che così concepito il ponte scarica la sua spinta direttamente sul terreno. Il ponte di Calatrava e quelli che gli somigliano, invece, scaricano in maniera troppo orizzontale. E se il terreno non è roccioso, siamo fritti, quel ponte non reggerà se non a prezzo di continui interventi».

Non è che i risparmi di bilancio imposti ai Comuni siano i maggiori responsabili dei futuri disastri?
«Troppo spesso leggiamo di gente che muore annegata nei sottopassi allagati a causa delle cosiddette calamità naturali. E succede perché i progetti sono tutti concentrati su un sistema di pompe idrauliche che rischiano essere messe fuori uso dalle foglie d'autunno ma si dimenticano di realizzare delle vasche di caduta. Costerebbero poco ma si risparmia anche su questo e la gente muore».

Un minimo di responsabilità alla natura non la diamo?
«Se andiamo a vedere dove erano costruite le case spazzate via dalla natura nei disastri alluvionali degli ultimi 50 anni, scopriremo che la

natura ha fatto solo quello che era prevedibile che facesse. I Comuni hanno incassato quei pochi soldi delle concessioni a costruire in aree che la natura si è ripresa e adesso piangiamo i morti. La contabilità non torna».

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