Le imprese rischiano il crac se lo Stato non pagherà 80 miliardi di euro di debiti

Sta per arrivare la pioggia di tasse del governo Monti ma molte aziende non avranno i soldi per saldarle. Colpa dei ritardi con cui gli enti pubblici onorano i debiti

Le imprese rischiano il crac se lo Stato non pagherà 80 miliardi di euro di debiti

Se lo Stato non paga i suoi debiti, almeno in parte, molte piccole imprese non avranno i soldi per far fronte alle tasse di giugno e luglio. Altre si ritroveranno in gravissime difficoltà, e più d’una dovrà chiudere. È questo lo scenario da incubo che si prospetta per i prossimi mesi, se tarderanno ancora i decreti che dovrebbero incominciare a sbloccare, seppure per vie traverse, i pagamenti arretrati della Pubblica amministrazione.
Alla fine del 2011, Stato centrale, Regioni, Servizio sanitario nazionale, Enti locali dovevano insieme circa 70 miliardi di euro al sistema delle imprese. In questi ultimi mesi la cifra è lievitata. Si parla di 80 miliardi, forse più, anche se non esiste una stima ufficiale. Nel solo comparto delle costruzioni siamo vicini a 20 miliardi, e i pagamenti arrivano anche dopo due anni d’attesa. Nel 2011 sono fallite 2.770 imprese del settore e l’Associazione costruttori minaccia il ricorso ai decreti ingiuntivi.
In queste ore, il governo annuncia l’arrivo dei decreti che dovrebbero in qualche modo sbloccare la situazione. «Ci siamo molto vicini», dice il ministro dello Sviluppo Corrado Passera. Fatto sta che lo Stato non ha un centesimo in cassa, e allora il governo tenta strade alternative. La prima: l’imprenditore dovrebbe cedere il proprio credito, una volta certificato dalla Consip entro 60 giorni (e così passa altro tempo), a una banca ottenendo da essa il dovuto. Ma le banche hanno problemi di raccolta di liquidità e nicchiano. Inoltre, i costi sarebbero elevati. Poi, il rischio di insolvenza da parte della Pubblica amministrazione resta in capo all’impresa, che dovrebbe anche rinunciare ad ogni azione ingiuntiva nei confronti dell’ente debitore.
La seconda strada: una compensazione fra crediti e somme dovute dall’impresa al fisco, ma solo quelle iscritte a ruolo. Quasi un premio per chi non ha pagato le tasse. Non si parla invece di una compensazione più ampia, generale: tu Stato mi devi 8mila euro, ed io imprenditore ne devo versare 10mila di imposte? Ti dò i 2mila euro di differenza e siamo a posto. Troppo facile. L’Erario intanto incassa, per i pagamenti si vedrà.
La spiegazione di tutto ciò sta nella follia contabile europea. Finché non vengono rimborsati, i debiti commerciali dello Stato non vengono conteggiati nel deficit pubblico. Ma una volta pagati, vanno a disavanzo. E neppure l’idea di pagare le imprese con emissioni di Bot è praticabile: una volta emessi, quei titoli di Stato vanno iscritti nel debito pubblico.
Si intuisce per quale motivo, nonostante la grancassa, il negoziato non arrivi ancora a una conclusione. Il premier Mario Monti sperava di annunciare un accordo ieri sera, ma la riunione tecnica della mattinata al ministero dell’Economia non è andata bene. Oggi si va avanti con due riunioni (una con l’Abi), mentre un’altra è fissata per martedì. «Le proposte che hanno messo sul tavolo rappresentano una non soluzione - commenta amaramente il segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli - soprattutto per le piccole imprese. Forse i grandi potranno ottenere più facilmente i soldi dalle banche, ma per noi non è così. I rubinetti del credito si stanno chiudendo». Per la Cna, la soluzione è una sola: «Lo Stato onori i debiti, oppure consenta la piena compensazione tra crediti e debiti fiscali e contributivi».


L’Italia è ultima in Europa per i tempi di pagamento da parte della Pubblica amministrazione: 180 giorni, ovvero sei mesi, contro una media europea di 65 giorni. La Germania paga in 35 giorni, la Francia in 64. E se una grande impresa ha le risorse per andare avanti, per i piccoli imprenditori simili ritardi possono significare la crisi, perfino il fallimento.

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